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Anthony Muroni: l’informazione che fa tremare la politica. #dateciinomi

Se esistesse sarebbe “profumo di un lavoro svolto con passione” quello che si respira appena si entra nell’ufficio del direttore.

Il suo rassicurante sorriso poi lo conferma. Sardo doc ma dal nome esotico, a soli 42 anni Anthony Muroni è il direttore del giornale indipendente più antico e famoso della Sardegna: l’Unione Sarda.

Nasce a Perth, in Australia, da genitori sardi, e arriva a Tresnuraghes (provincia di Oristano) molto piccolo, dove crescerà sino a capire che il giornalismo è la sua grande passione. Così, a soli 18 anni inizia la sua collaborazione con il quotidiano La Nuova Sardegna, inizialmente per le pagine sportive e successivamente per la cronaca. Dal 2000 inizia la sua avventura per l’Unione Sarda; viene assegnato rispettivamente alla corrispondenza da Oristano, Macomer e Nuoro e arriva infine a Cagliari, alla sede centrale del giornale, nel 2008. Il suo cammino segna una serie di successi che dalla guida del reparto politica lo porterà a condurre il programma televisivo “Dentro La Notizia”, sull’emittente sarda Videolina, e diventare l’8 giugno 2013 direttore del giornale. Come se non bastasse, a Gennaio 2014, sale alla direzione di Radiolina, celebre radio dell’isola.

Quotidianamente il direttore trova anche il tempo di comunicare con i suoi lettori,  scherzare con loro o denunciare i fatti del giorno non solo sul giornale e sul suo blog personale, ma anche tramite i social network. Un direttore giovane che guarda diritto al futuro. Sorride, si arrabbia, critica ciò che nella società non funziona. Poi, quando arrivo nel suo ufficio col tablet ed alcune domande da porgli si irrigidisce per un istante: “Avendo sempre intervistato e posto domande ora mi pare sia scomodo essere l’intervistato!” Il direttore scherza e offrendo un nuovo sorriso si concede amichevolmente a Baked.

Come descrive la sua avventura nella direzione del giornale più vecchio della Sardegna?

Una bellissima avventura. Mentirei, comunque, se dicessi che tutto è perfetto. Come qualsiasi cosa nella vita esistono i pro e i contro. Salire alla direzione del giornale ha significato per me il raggiungimento di un sogno a seguito di tanti anni di lavoro. Ho quotidianamente la gioia e possibilità di mandare avanti un piano editoriale che ottiene successi ma non ho più moltissimo tempo libero. Passo le mie giornate qui al giornale. Arrivo alle 8 e vado via alle 11, non mi rimane più tanto tempo per me se non la domenica.  

Per chi non lo sapesse, sebbene l’Unione Sarda si rivolga ai lettori dell’isola è comunque un giornale di tutto rispetto che ha segnato un primato non solo a livello nazionale ma soprattutto al livello europeo. Nel lontano 1994 fu infatti il primo giornale in Europa che lanciò il suo sito web. Un primato che segna come all’epoca la testata fosse un passo avanti verso il futuro.

Lei è arrivato al giornale qualche anno dopo. In questi 13 anni ha certamente vissuto cambiamenti molto importanti nel settore giornalistico. Quale è stato per lei il più eclatante?

Certamente l’arrivo del web. Quando sono arrivato, anche se già avevamo un sito web, la diffusione dell’informazione digitale era ancora riservata ad un pubblico ristrettissimo. Man mano che il tempo è passato è cresciuta e questo ha significato una totalmente nuova apertura al pubblico, d’improvviso ancora più grande.

In questi mesi sono stati apportati molti cambiamenti al giornale e sembra che, in un certo senso ancora, questa testata va incontro al futuro.

Si, abbiamo cercato di andare incontro ai cambiamenti della società e ai cambiamenti dei lettori. È in realtà un confine molto sottile questo. Da una parte bisogna badare a non deludere i nostri lettori più affezionati, che non vorrebbero troppi stravolgimenti, e dall’altra dobbiamo andare incontro ai cambiamenti della società e non deludere neanche i più giovani. Per iniziare abbiamo cambiato il formato del giornale che ora è più piccolo, abbiamo aggiunto molte immagini, inserito la pagina del web, della cultura, della ricerca/offerta lavoro. Stiamo cercando di integrare quotidianamente anche l’informazione radiofonica (su radiolina attraverso il programma di attualità “L’Unione in Diretta”) con il web e il giornale. Sembra che al momento queste azioni riscuotano successo. Sono previste moltissime altre novità ma è ancora troppo presto per parlarne. Ho visto che in America non si usa comprare il giornale in edicola. Esistono gli abbonamenti e la mattina ti arriva a casa insieme al latte fresco. Sarebbe bello se fosse così anche per noi.  

Nessuno conosce quello che sarà il futuro dell’informazione e dell’intera industria  giornalistica. I cambiamenti apportati dal web e dalle tecnologie stanno letteralmente  stravolgendo gli sfondi a cui eravamo abituati. Quali crede saranno le sorti della carta stampata?

Credo che il digitale non sostituirà ancora del tutto la carta stampata. Molta gente ha definitivamente ancora bisogno dell’informazione cartacea. Solo in Sardegna per esempio solo il 50% della popolazione ha accesso al web. Questo significa che esiste ancora un bacino d’utenza importante per cui bisogna continuare a lavorare. Non so quanto passerà prima che il digitale sconfiggerà del tutto la carta stampata ma non sono sicuro che quest’ultima sparirà mai del tutto.

Cosa pensa del “Citizen Journalism” o giornalismo partecipativo?

Lo considero un’ottimo strumento di democrazia. Dare ad ognuno la possibilità di commentare una notizia o dar notizia di un fatto accaduto è importantissimo. Però una cosa va precisata. Non tutti sono o possono essere giornalisti. Se così fosse non esisterebbe né professionalità ne ci sarebbe un codice deontologico da seguire, non si potrebbe parlare di giornalismo di qualità e tanto meno di una accurata informazione. Il giornalismo sta certamente cambiando, si sta aprendo a nuovi orizzonti di cui non possiamo prevederne il futuro e questo probabilmente è un fatto positivo. Abbiamo oggi tutti i mezzi per raccogliere notizie importanti nel mondo ed è fondamentale che chiunque possa verificare la veridicità delle fonti. Ma esiste ancora differenza tra chi condivide un fatto letto sul web e un professionista che dedica ore alla ricerca, alla confutazione e veridicità dei fatti.

A proposito della veridicità dei fatti. In questi giorni si sta battendo personalmente per una battaglia che le fa onore e che mira alla trasparenza nell’informazione. Sotto l’hashtag #dateciinomi la sta rendendo pubblica anche sui social networks. Ha chiesto alla classe dirigente una lista con i nomi degli ex consiglieri regionali sardi che hanno percepito la pensione a termine dell’ultimo mandato. Ci spieghi meglio.

In un vento di cambiamento rispetto al passato vorrei dimostrare alla classe politica che essa non può fare sotterraneamente quel che gli piace senza essere chiamata a renderne conto. Dovrei fare una premessa: il Consiglio della Sardegna è una delle sette istituzioni legislative regionali che ha deciso di abrogare le pensioni per i suoi componenti. E la legislatura appena conclusa è stata l’ultima in cui i contributi versati produrranno poi un assegno vitalizio. Una misura propagandata ma che non ha tolto alla Sardegna il poco invidiabile record per quel che riguarda la spesa annua in materia: quest’anno dalle casse della Regione usciranno 18,5 milioni di euro per questo capitolo, contro i 4,5 milioni della Toscana e gli 8 del Piemonte. Ora, vivendo una crisi non solo economica ma anche sociale abbiamo bisogno di sapere. Purtroppo solitaria, a livello di media, la nostra battaglia è riuscita a rendere pubblico il fatto che alcuni ex consiglieri regionali under 50 abbiano iniziato a percepire il vitalizio, sebbene fosse stato specificato più volte, attraverso i media, che il vitalizio sarebbe stato concesso solo dopo i 50 anni. Abbiamo scoperto che per esempio esiste una baby pensionata di 41 anni che prende un vitalizio di 5 mila euro. Anche se parte a livello locale questa è una battaglia importante per l’informazione. Ringrazio le centinaia di persone che ci hanno sostenuto e continueranno a farlo, perché chiaramente non finirà qui.

Una domanda frivola. Lei è anche conduttore del programma “Dentro la notizia” sul canale televisivo sardo Videolina. Si sente più a suo agio di fronte alla video-camera o di fronte al computer?

Assolutamente di fronte al computer. O meglio, di fronte alle mie storie. Io mi considero un reporter nell’animo. Amo ancora profondamente la cronaca e la mia passione è andare alla ricerca di nuove appassionanti storie da raccontare giorno per giorno. Amo l’interazione con le persone e dare loro la possibilità di farsi sentire attraverso l’informazione.

Ha già scritto tanti libri (“Peppino Pes, l’inedita confessione del prete-bandito”, “Francesco Cossiga dalla A alla Z”, “Il sangue della festa. Mortu in Die nodida”, “Benedetto XVI dalla A alla Z”, “Il volto di Francesco”, “Andreotti e la Sardegna”). A quando il prossimo e di cosa tratterà?

Ho iniziato il mio ultimo libro l’anno scorso ma non ho avuto purtroppo modo di terminarlo. Devo ammettere che da quando sono stato nominato direttore sento sia umanamente impossibile trovarne il tempo. Dovrei farlo la notte dopo che torno dal giornale e poi salvaguardare anche qualche ora per il sonno. Non si tratta solo di scrivere ma anche di fare un’accurata ricerca. Ho anche la mia amata famiglia a cui devo dedicare del tempo però! Mi sono ripromesso che presto lo terminerò e altrettanto presto troverete il libro in libreria. Vi anticipo il titolo comunque: “Perché non possiamo dirci italiani”. Parla dell’identità dei sardi insomma, un tema che mi sta a cuore.

Lei è nato in Australia ma è arrivato in Sardegna veramente molto piccolo. Per questo si considera un sardo doc. Il suo amore ed attaccamento a questa terra lo si legge nei suoi articoli, nelle sue battute, nelle sue denunce. Vista la situazione economica dell’Europa oggi l’Australia è considerata un sogno per molti. Può svelarci, in segreto, se ha mai pensato di lasciare la Sardegna e magari tornarci?

Ebbene io sono un curioso, questa è la mia indole. Vorrei poter viaggiare per il mondo. Per il momento non pianifico nessun forte sconvolgimento nella mia vita ma non posso neppure escludere che un giorno potrei guardare nuovi orizzonti. C’è così tanto da vedere ed esplorare. Così tanto da farci evolvere. Non sono mai più tornato in Australia. Probabilmente ci tornerò fra qualche anno e cercherò di capire che tipo di connessione possa sentire con la terra in cui sono nato. Sono invece appena tornato dagli Stati Uniti. Ho fatto un road-trip sulla costa californiana ed è stato un viaggio molto interessante. Mi è piaciuta l’apertura delle persone e come la società offre  ad anziani ed invalidi l’accesso a qualsiasi tipo servizio. Mi sono seduto a chiacchierare con le persone di piccoli paesi sperduti nel deserto. Ho imparato molto. Ho comprato i giornali locali per seguire le loro storie. È una società così diversa dalla nostra ma da cui ci sarebbe comunque da imparare. Chissà… per me non si può mai escludere niente nella vita. Però, non posso negare che il mio cuore è sardo, perciò al di là dei viaggi e delle esperienze, probabilmente non mi sentirei mai a casa come mi sento a casa qui.

Vorrebbe dire qualcosa ai lettori che la leggono?

Certo. Vorrei poter ricordare a tutti che il futuro sta in mano ai giornali locali. La gente ottiene già le informazioni globali dai mezzi “massificati”. Abbiamo il mondo a portata di mano. Bisognerebbe quindi sfruttare il fatto che questi ultimi non possono e non riescono ad occuparsi pienamente del  particolare, dei fatti locali. Noi invece, giornali locali, ci troviamo “sotto casa” del fruitore.

Torneremo insomma al “glo-cal” anche nell’informazione?

Esattamente. Solo attraverso l’unione delle sue piccole, singole, particolari bellezze il mondo può essere davvero internazionale.

 

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