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MILANO FASHION WEEK. Tra curiosità, ispirazioni e tendenze per la primavera estate 2016.

«Qual è la freccia che vola per sempre? Quella che ha colpito il bersaglio.»
Vladimir Nabokov, Una bellezza russa e altri racconti

Oltre settanta sfilate e una miriade di presentazioni, senza contare gli eventi, le iniziative e lo spazio riservato ai più giovani: tirare le somme di questa Milano Moda Donna vuol dire intrecciare tra loro molteplici aspetti, dall’incoraggiamento alla ripresa per le aziende alle novità per le nuove leve, dai cambiamenti direzionali e creativi alla pura bellezza di forme e tessuti, dalla soddisfazione di un prodotto tutto italiano alle commistioni con arte, design e cultura –che, davvero, prescindono dal valore economico in sé. Ripercorrerne le trame ci farà capire il perché di tante cose, visto che il costume è pur sempre – per dirla con l’architetto e designer Flavio Albanese- «quell’insieme di suggestioni e tendenze che incidono nel formulare o modificare gli stili di vita». Eccovi allora – carta e penna alla mano!- che cosa sta cambiando.

Cosa c’è di nuovo «Ci siamo fortemente impegnati nella promozione dei giovani designer attraverso il coordinamento di iniziative nazionali e la creazione di una hub permanente per questa nuova generazione» ha detto Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda italiana, e, in effetti, l’edizione di quest’anno ha avuto come protagonisti proprio loro, i più giovani che hanno diviso la scena con i grandi nomi, alternandosi ai mostri sacri con spazi, eventi e concorsi creati ad hoc proprio per loro: dalla Milano Moda Graduate – una ricerca di talenti che riunisce per la prima volta le scuole italiane di moda più importanti – al Fashion Hub Market dove hanno esposto i 17 nuovi volti della moda, senza contare i già più che consolidati Vogue Talents e “Who is on Next?”. La vera freschezza sta soprattutto nella continuità del progetto, che non si esaurisce nei cinque giorni della MMD ma si ripropone l’attenzione-lungo termine alle giovani promesse, una risorsa e un valore a cui dare, in tutti i sensi, il giusto spazio. Aria fresca anche dalle passerelle: Damir Doma- lo stilista croato dallo stile minimale, famoso per silouhette pulite e risvolti concettuali- si sposta da Parigi a Milano mentre il designer austriaco Arthur Arbesser debutta come nuovo Direttore Creativo di Iceberg. Ci sono poi i cambi della guardia che portano Massimo Giorgietti da MSGM a Emilio Pucci e il norvegese Peter Dundas alla direzione creativa di Roberto Cavalli.

Non sorprende, poi, che il prêt-à-porter di Francesco Scognamiglio guardi già alla couture, preso e considerato che dopo l’accordo con l’imprenditore malese Johann Young – che ha acquistato il trenta per cento del marchio- gli abiti iperfemminili dello stilista campano saranno a Parigi dal 2016, con una collezione per l’Alta Moda. On the runway

Versace
Versace

http://www.versace.com/en/women-fashion-and-accessories/ss-16/fashion-show-video Dai selfie di Dolce&Gabbana al rossetto gold che Pat McGrath ha pensato per Prada, tante sono le cose che ci sono piaciute, a cominciare dall’empower della collezione Versace: sfilano donne forti, terribilmente sexy e capaci al tempo stesso di abbattere il pregiudizio. In tempi davvero non facili, Donatella Versace è riuscita a concretizzare a pieno il concetto di emancipazione e affrancamento, con un semplice “punta il dito verso il tuo sogno e vai a prenderlo”.

E se Massimilano Giornetti, direttore creativo Salvatore Ferragamo, ricerca la classicità delle forme pure, concentrandosi sulle linee e sulla grana della materia per arrivare all’incanto, da Fendi, Karl Lagerfeld spinge al futurismo con silouhette a pallone, fiori 3D e dettagli smoking. Una vera rivelazione è la “youngness” che Alessandro Michele porta a Gucci: modelle bambine che dietro a occhialoni spessi- tanto nerdy quanto rétro chic- giocano col trompe l’oeil di fiocchi, nastri, volant e bottoni direttamente “disegnati” sul tessuto.

Gucci
Gucci

Per quanto riguarda gli accessori non c’è che l’imbarazzo della scelta: da Prada gli orecchini si ispirano ai 60s e alla Swinging London, Giorgio Armani azzarda cappelli super oversize e il tocco rock firmato Tod’s trasforma la chitarra in una borsa. Immancabili le sneakers. soprattutto sotto l’abito da sera.

Chi ispira chi «A Parigi nel 2007, per caso, sono incappato nella mostra di Paradžanov: le magnifique. È stato amore a prima vista. Come rimanere non travolto da un fiume in piena di immagini, di sollecitazioni visive dalla potente forza pittorica, di colori variegati, di trame incastrate, di storie antiche, di personaggi estremi, di disegni tridimensionali, di combinazioni eccessive e visionarie?». Con queste parole Antonio Marras racconta la bellezza dell’incontro che ha ispirato la sua collezione: i tessuti e i ricami sono così un omaggio al grande artista e regista armeno Paradžanov e le sovrapposizioni di taffettà metallico, lino, stretch cangiante, organza, crêpe, broccati, pizzi macramè … cercano di ricreare, con dolcezza e sensualità, i collage dell’artista, diventati il simbolo – per accumulazione e sottrazione- di quel crogiuolo di etnie e religioni che è la regione del Caucaso. Si ispira alla fotografia Alessandro Dell’Acqua per N°21, lasciandosi suggestionare da Corinne Day e Tina Modotti: la sua primavera estate 2016 nasce da un’applicazione creativa montata in una camera oscura, dove le immagini vengono rovesciate, sovrapposte e rielaborate attraverso il senso di una moda che si propone come strumento per la lettura del contemporaneo.

Dall’alto in senso orario, N°21, Trussardi, Antonio Marras
Dall’alto in senso orario, N°21, Trussardi, Antonio Marras

Gaia Trussardi parte invece dalle immagini di “Tracks”, film tratto dal libro autobiografico sull’attraversata del deserto centrale australiano da parte di una giovane donna: «È la trasposizione dell’idea del viaggio come avventura e libertà ma anche come usura del tempo e dello spazio » ci dice «Il mio intento è rappresentare esteticamente il viaggio e la sua necessità, soprattutto per quanto riguarda le donne. È come se l’abito diventasse una fotografia immaginaria del desiderio di muoversi, di incamminarsi verso qualcosa che non si conosce ma che in fondo aiuta a conoscersi meglio. Proprio per questo ho scelto la leggerezza come fil rouge».

Borchie, schiene scoperte e il nero che la fa da padrone: il rock contamina invece le collezioni di Tod’s e Costume National mentre le dolci fatine di Etro, tra tutù body e immancabili scarpe basse, sembrano uscite dal più classico dei balletti.

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