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CHRIS CORNELL.
Ritorno alla semplicità

Uscito da poche settimane, Higher Truth, il nuovo album di Chris Cornell, è frutto d’urgenze di sensibilità personale e di un desiderio.
A dispetto del titolo non dobbiamo aspettarci chissà quali verità rivelate, ma semplicemente un lavoro che lo rispecchia completamente, o almeno, che rispecchia esattamente quello che desiderava fare, forte di una carriera trentennale e 14 album incisi con Soundgarden, Temple of the dog, Audioslave e come solista.

In effetti, dopo il poco convincente Scream (2009) e Songbook (raccolta di live sessions del 2011) che invece lasciava intuire il riappropriarsi di un sentire tutto personale, Higher Truth, attraverso 16 tracce sviscera la visione dei sentimenti più semplici che da tempo, a leggerlo nelle interviste, l’artista voleva tirar fuori.
La visione delle cose più dirette e reali, personaggi semplici e intensi, tirati fuori dalla sua esistenza e non, attori di storie di perdita e rivalsa, banalmente consapevoli delle proprie sventure o fortune. Ma anche persone reali a cui, l’uomo Cornell sente di dover dedicare pensieri e, in qualche modo, insegnamenti figli di un’età ormai matura, se non altro all’anagrafe.

I rimandi musicali sono tutti rivolti invece alla riproposizione del rock folk, con Springsteen nel cuore e nel cervello che ritroviamo anche in alcune soluzioni del song-writing (“Wrong side”).
Non manca poi la confezione pop del disco (in collaborazione con Brendan O’Brien), definita ma non soffocante nella produzione dei pezzi, considerando che rimbalziamo tra pezzi chitarra e voce con la pacata “Let your eyes wander” o con la più movimentata “Only these words”, la potenza esaltante di “Our time in the Universe” (anche remixata, come bonus track nel disco) e pezzi decisamente catchy e rappresentativi di tutto il lavoro come “Nearly forgot my broken heart”, scelto ad hoc, ovviamente, come primo singolo estratto dall’album.

In un intervista a NPR, Cornell azzarda: “…forse la franchezza è il nuovo punk”.
Magari ogni scusa è buona per trovare un motivo di rottura e pseudo-rivoluzione. E, diciamola tutta, Higher Truth non è proprio da considerarsi come un nuovo “Never mind the bollocks…”, ma se è questo che Chris Cornell desiderava da tempo cantarci, vi prego, lasciate che continui a farlo.

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