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MICHAEL VONPLON.
Dalla Grande Muraglia al muro di fuoco

Photo by Richard Lee on Unsplash

Michael Vonplon ha vissuto e viaggiato in Cina fin dalla metà degli anni ’90. E sempre lì ha diffuso la sua ventennale e unica esperienza nelle attività culturali e nello scambio tra Cina ed Europa.

Cosa ti ha spinto ad andare in Cina e quando ci sei stato la prima volta?

«Ah! Hong Kong! Dopo aver fatto l’apprendista spedizioniere, ho ottenuto una borsa di studio e un lavoro in quella città… Quale avventura è stata, per un giovane teenager che a malapena parlava l’inglese e che non era neanche sicuro di dove si trovasse Hong Kong. Questa esperienza ha stravolto la mia vita e mi ha trasformato in quello che sono oggi. Mi sono trasferito a Pechino nei primi mesi del 1997, proprio a ridosso del cambio di giurisdizione dell’isola.»


Descrivici com’era, libera e aperta?

«Libera e aperta? No, la Cina era ancora sul punto di aprirsi al resto del mondo, dopo decenni di controllo comunista e dispotico. Si potevano percepire, in vari modi, il peso del passato e la spinta verso un’emancipazione dall’immobilismo. Quando sono arrivato a Pechino, il cambiamento era solo agli inizi e stava per essere così incredibile che la maggior parte delle persone non riusciva neanche a vederlo! Io volevo sperimentare questa rinascita della Cina, frequentare da vicino i nati negli anni ’80 per conoscere i loro desideri, la loro ribellione, la ricerca d’identità.

Avevo sempre sognato una piccola ma vivace subcultura urbana, una scena musicale dove i giovani (come lo ero io) potessero incontrarsi e scambiare, realizzare, vivere le loro idee. Questo sogno finalmente arrivò e divenne realtà. Durante quel periodo ho imparato molto sulla Cina. Sono stato davvero fortunato a essere lì, a condividere e contribuire a quel vivido ambiente culturale. Una cultura giovane sia nella musica che nell’arte, piena di passione; non per profitto o fama ma per le persone, e completamente senza ipocrisia.»


Hai organizzato il primo rave party alla Grande Muraglia Cinese, raccontaci come è andata…

«Sì, Era il 1998 e siamo stai i primi a scalare la Grande Muraglia. Un party multiculturale con 600 crew composte da artisti cinesi, intellettuali, musicisti, punk, MC’s, giornalisti e cantanti. Stranieri entusiasti, membri di importanti collettivi e molti famosi amanti del rap americano, abbiamo festeggiato alla grande fino a tarda mattinata. È stato indimenticabile per tutti…»

In quali altri eventi sei stato attivamente partecipe?

«In Cina, la combinazione di punk e techno ha gettato le basi per una successiva scena musicale alla quale si sono uniti il punk e i gruppi rock. Insieme ai Dj sets, i punk rokers hanno aggiunto vitalità e vivacità agli eventi. Per noi, l’idea di suonare il punk e la techno durante lo stesso evento è inconcepibile perché è una contrapposizione di due linguaggi musicali reciprocamente inconciliabili. Ma questo era possibile nella Cina di allora. Il carattere tumultuoso della musica elettronica e lo stile grezzo della musica punk sono stati combinati con successo in molti modi. Era come se la scena musicale stesse guadagnando autonomamente un nuovo slancio e così abbiamo organizzato immediatamente molte feste ed eventi, non solo in BJS ma in tutta la Cina».

Photo by Elvis Ma on Unsplash
Photo by Elvis Ma on Unsplash

Oggi come è mutato lo scenario artistico in Cina?

«Negli ultimi anni, la Cina ha visto un boom senza precedenti per quanto riguarda la musica d’avanguardia e l’arte. Crescono ogni anno il numero dei festival musicali, fioriscono nuove strutture per concerti e si moltiplicano gli spazi espositivi per l’arte contemporanea. Artisti e band prima sconosciuti stanno guadagnano pubblico, mentre una nuova schiera di musicisti e artisti visivi affascina il paese. Sono cresciute in modo significativo sia l’autostima degli artisti che le loro competenze.

Dopo aver assimilato entrambe le culture (quella occidentale e quella Cinese), stanno sviluppando i loro progetti con intensità, sincerità e ingegnosità per creare qualcosa di radicalmente nuovo. Un crescendo di collettivi di moda, musica e una gioventù consapevole dell’arte continua a far dilagare questo fenomeno culturale in tutto il paese. Inoltre gli artisti iniziano a rendersi conto che, oggi, possono vivere della loro arte, il ché è un altro passo per l’avanzamento della musica contemporanea cinese. Sfortunatamente, negli ultimi uno o due anni, il governo fa molto per cercare di controllare il movimento».

La tua agenzia Miro-China è stata costituita nel 1997. È stata una delle prime agenzie culturali di Zurigo a tentare lo scambio svizzero / cinese?

«Per quanto riguarda la musica sì, sicuramente. E non solo per Zurigo. Siamo stati i primi a invitare musicisti cinesi in occidente, creando un punto di scambio per persone non convenzionali e idee originali basate non su profitto o sulla fama, ma su individui interessati a un vivace dialogo globale».

Photo by Alice Young on Unsplash
Photo by Alice Young on Unsplash

Se guardi indietro ai tuoi ultimi 20 anni, sia dal punto di vista culturale che personale, quali sono i tuoi sentimenti riguardo a questo importante periodo e alla sua evoluzione della quale fai ancora parte?

«La Musica e l’arte non sono le uniche cose che rendono meraviglioso il mio lavoro con la Cina, c’è una ricompensa ben più grande e probabilmente il vero nucleo del mio impegno: la nazione cinese e il suo popolo che non hanno mai smesso di affascinarmi fin dal primo incontro. Trovo che lo scambio di arte e persone sia molto importante, in quanto sono una forma di rispetto e di mutua comprensione e senza l’obbligo di una contropartita.

Credo infatti negli individui e nello scambio diretto, anche su piccola scala. Per anni, imprenditori e istituti d’arte occidentali presenti in Cina, hanno ri-confezionato la cultura popolare straniera e l’hanno venduta alle giovani generazioni facendo profitti grazie alla loro esterofilia. Per me, però, è più importante la condivisione delle idee, lo sperimentare e la creazione artistica senza un eccesso di pressione per la commerciabilità.»

Gli artisti precursori del loro tempo: mito o realtà?

Cercherò di rispondere a questo quesito, grazie alle mie osservazioni sugli artisti urbani in Cina: quando è caduta la cortina economica e culturale, si è aperto un mondo completamente nuovo sia per i giovani che per la cultura urbana. A differenza dell’Occidente, che ha visto la graduale evoluzione della musica pop per più di mezzo secolo, i giovani cinesi si sono trovati subito ad affrontare Elvis, i Beatnik, l’Heavy Metal, la musica elettronica e tutto ciò che c’era stato nel mezzo. Con questo differente background e con questo diverso punto di partenza, gli artisti avevano l’impressione di avvicinarsi a una tela bianca su cui potevano dipingere la loro propria idea di cultura, con gamma di forme e colori enormemente ampia e in modo vivace, ispirato e stupefacente. Ciò che è emerso è uno scenario originale e altamente eclettico, brillante, irriverente, colorato e giocoso. Questo giovane scenario artistico, esiste al di fuori dei canali istituzionali e al di là di una società sempre più commercializzata. Sì, in Cina gli artisti mi sembrano in anticipo sul loro tempo mentre, al contempo, la grande maggioranza del paese non si accorge dell’enorme potenziale e dell’importanza della sua cultura artistica non solo per la nazione stessa ma anche per l’immagine che trasmette al resto del mondo.

Qui l’intervista originale; traduzione di Edoardo Montanari.

Cover: Photo by Richard Lee on Unsplash.


Michael VonPlon: Organizzatore, Ambasciatore Culturale, Imprenditore. È attivo negli eventi culturali relativi alla Cina e all’Europa dalla metà degli anni ’90. È fondatore di Miro China e China Drifting (Pechino-Zurigo). Attualmente residente a Zurigo, CH.

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