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MARIANGELA GALATEA VAGLIO.
L’italiano è bello

L’ITALIANO è BELLO!
(il grido d’amore della prof diventa un libro)

Dante Petrarca Boccaccio

Quell’originale filosofo di strada che è stato il mio amico Nando der Gazometro avrebbe letto molto volentieri questo libro di Mariangela Vaglio. Perché Nando sviluppò una tardiva ma sincera passione per la lingua e i suoi stratagemmi. Anni fa, in zona Borgo Pio, un prete ci chiese un’indicazione stradale e Nando indicandogli l’incrocio successivo: «Vede lì, dove sta girando con la Vespa quella strafi… con la minigonna? La strada è quella”.

ragazza in vespa
Il prelato confermò di aver visto e, più divertito che imbarazzato, ringraziò avviandosi. Nando mi guardò sconsolato: «Ho fatto ‘na figura de ‘mmerda!». «Più che altro – lo rassicurai – hai fatto una figura retorica: si chiama sineddoche, una parte per il tutto». Gli piacque moltissimo e divenne un cultore della retorica. A modo suo, ovviamente.

Sottobraccio alla prof

E proprio con un piccolo manuale di retorica si conclude “L’italiano è bello” che, nel sottotitolo, c’invita a fare una passeggiata tra storia, regole e (apparenti) bizzarrie della nostra lingua.
Ma è più che una passeggiata: è un percorso da fare insieme all’autrice, con la leggerezza profonda di chi vuole scoprire o riscoprire il fascino linguistico senza annoiarsi, senza le costrizioni e le rigidità del tempo dei banchi di scuola.

Cosa muove la solida esile Vaglio? (Sì, amo gli ossimori; figura retorica di senso, preciserebbe immediatamente la medesima).

La muove, da un lato, la passione per la Storia, per la Lingua e per la storia della Lingua e, dall’altra, un’amara constatazione: «… la maggioranza degli italiani parla una lingua molto povera, conosce pochissime elementari parole e quindi, alla fine, riesce a produrre solo frasi altrettanto elementari…». Insomma troppi italiani sono “analfabeti funzionali” che, con una sorta di capriola lessicale, Mariangela definisce “quelli che funzionano come se fossero analfabeti”.
L'italiano è bello di Mariangela Galatea Vaglio
Il libro consta di due parti. Le prime cento pagine sono dedicate alla storia: della Lingua, del ruolo di tre grandi protagonisti (Dante, Petrarca e Boccaccio) e, infine, delle Parole; parole spesso elaborate o trasformate dal vivace mercato di scambio con i dialetti e con altri idiomi.

L’italiano ha una storia articolata e affascinante: è un «compromesso storico riuscito» per citare l’autrice. Lei ci ricorda che «non essendoci uno Stato centrale, l’Italiano ha dovuto riunire varie tradizioni e, inevitabilmente, mediare». Il risultato? Una grande ricchezza espressiva con un’infinita gamma di sfumature. Ma per percepirle fino in fondo queste sfumature, bisogna conoscerla la lingua; bisogna innamorarsene.

Quell’anarchico del verbo essere

E quel conformista del verbo avere. No, non sono miei giudizi ma uno dei tanti modi non convenzionali con i quali Mariangela si accosta all’obiettivo di un ripasso delle regole senza caduta dei livelli d’attenzione del lettore. E fa largo uso, in tutto il libro, di un bel ventaglio di figure retoriche: di parola/suono, di costruzione, di senso, di pensiero.

Insomma l’autrice, sventolando il vessillo di Dante e al grido di “L’italiano è bello” s’impegna moltissimo per farci accostare, con la leggerezza della curiosità, ai grandi pilastri della lingua: l’ortografia con il racconto ironico dei piccoli errori e dei grandi orrori quotidiani, la punteggiatura da vivere come “segni del destino”, la grammatica (“quella cosa inutile” nell’opinione di troppi) e, infine, i due “cavalieri dell’Apocalisse” Morfologia e Sintassi.

E la fatica della “prof Vaglio” sta proprio in questo: richiamare le regole, facendocele vivere non come costrizioni ma come alleate preziose per dare una forma compiuta e intellegibile ai nostri pensieri. E giunge perfino ad antropomorfizzare articoli, aggettivi, complementi, verbi, congiunzioni coordinanti e subordinanti per spingerci ad avere un rapporto più amichevole e meno sospettoso con essi.

Non manca un’incursione nel lessico di Internet e dei Social, fluttuando tra i nuovi verbi del Web (laicare, taggare, quotare, trollare, diemmare, cuorare…), i nuovi protagonisti Webstar, Influencer, Grammar-Nazi (quelli che ti correggono sadicamente anche le sbavature), Haters, Fake Newser, Bufalari e quant’altro; perché una lingua è cosa viva che continua a evolvere e trasformarsi.

Grammar-Nazi
Insomma si giunge in fondo senza alcuna fatica e, per quanto mi riguarda, facendo le orecchie a diverse pagine; sì, ho questa pessima abitudine per segnare passaggi che voglio rileggere o riutilizzare!

E in fondo c’è uno zoom sull’ironia e sul sarcasmo. Il testo di Mariangela si chiude con una battuta su quest’ultimo, parafrasando G.B. Shaw: «Per esercitare correttamente il sarcasmo non è necessario disprezzare profondamente il genere umano. Però aiuta». Girata pagina, si passa di colpo, ai “Suggerimenti di lettura” di Giulio Mozzi. E si passa quasi bruscamente, come se ci mancasse qualcosa. Ma questa è davvero una sensazione molto soggettiva.

Un’unica critica, su un piano più oggettivo, mi sento di muovere: alcune strizzate d’occhio al lettore, quando gli accostamenti paradossali suonano più forzati che illuminanti (vedi Medioevo – Ikea – Aristotele), risultano un po’ indigeste.

Si possono tirare le orecchie a un editore?

Sonzogno è editore di lunghissima tradizione; da qualche anno è un marchio della Marsilio dopo essere passato anche da casa Fabbri e RCS.

Il libro è indubbiamente stampato bene: dal tipo e colore della carta ai margini, dal carattere al corpo tipografico, tutto contribuisce alla sua leggibilità e alla piacevolezza di tenerlo in mano.

Ma questo libro avrebbe tutte le caratteristiche per essere anche un testo di consultazione: caratteristica che ne esalterebbe e ne protrarrebbe la vita attiva. Ma per poterlo consultare agilmente, soprattutto in questi tempi veloci per non dire frettolosi, sarebbe stato necessario disporre, quantomeno, di un indice dei lemmi e un indice dei nomi. Operazione che oggi qualsiasi software editoriale sforna in un batter d’occhio, a costo zero, ma con un grande valore aggiunto per il lettore attento.

Se voglio ritrovare quel passaggio sui suffissi, o sui prestiti di parole, o sulla virgola “amica discreta”, o sugli articoli partitivi, o sulle citazioni di Dante o di De André, con gli indici analitici risolverei subito e le pagine del libro avrebbero una rivitalizzante periodica ginnastica da consultazione. Invece di seguire la sorte di tanti altri libri finiti troppo rapidamente tra “i già letti”, a far da tappezzeria colta in uno scaffale della libreria.

Pensaci Sonzogno per la prossima ristampa, che auguro davvero a Mariangela! Se in quell’occasione mancassero di nuovo gli indici analitici, potrei passare dalla (diplomatica) domanda retorica del titolo a un’apostrofe ben scandita. Per dirla nello spirito e con le parole del libro.

N.B. Sì, Mariangela Vaglio è una mia amica; ma questa recensione e il suo tenore sono ispirati soltanto dalla sua qualità d’autrice.

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