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L’arcadia digitale di Björk in scena alle Terme di Caracalla

Inghiottiti, siamo stati letteralmente inghiottiti dall’arcadia digitale di Björk, il 30 luglio 2018 alle Terme di Caracalla. Tra il pubblico sguardi interdetti, confusi, smarriti davanti ad una creatura antropomorfa, eterea, celeste, inquietante, esotica. È l’ultima metamorfosi di Björk, una nuova sperimentazione.

Una fusione di tecnologia avanzata, primigenia e onnipresente, che mescola le bucoliche e le creazioni digitali dando vita all’animato alter ego della cantante, ispirato da opere cinesi e dal racconto ecologista-digitale di Avatar, il film di James Cameron che ha avuto il maggior incasso nella storia del cinema.

Lo show originale e bizzarro, fuori da ogni forza immaginifica, sin dall’inizio – d’altronde cosa aspettarsi da un’artista multiforme come lei? – svela davanti ai nostri occhi mondi possibili che sembrano nascere dalla fantasia creatrice di un bambino, quasi come a ricordare Il paese delle creature selvagge di Spike Jonze.

Sempre alla ricerca di sfide concettuali e musicali, l’islandese rinuncia alle fonti pop delle sue composizioni; non c’è da sorprendersi se i suoi ultimi album sono stati considerati sibillini e, spesso, impenetrabili.

Utopia, meno cupo rispetto al suo predecessore (Vulnicura, 2015), è una visione di “paradiso”, una riscoperta del rinnovamento senza fine dell’amore e della vita.

L’album continua ad attingere direttamente dalla vita personale dell’artista, e anche se la tavolozza è più felice, la musica è in qualche modo diventata ancora più sperimentale e sempre più di nicchia: lo spettatore, ora, dovrà trovare la propria strada per camminare attraverso una giungla di cyborg.

Il mondo di Utopia si schiude come un fiore che sboccia con un delicato canto degli uccelli e uno sbrigliato synth che sembra un animale che guizza dagli altoparlanti: trilli di usignoli, tastiere che gorgogliano, arpeggi, suoni a loop introducono il post esotismo di questa arcadia digitale abitata da satiri cyborg.

Un gruppo di sei flautiste islandesi conduce gli elementi essenziali di un repertorio che promuove la fauna mutante in armonia con una flora fantasy. La scenografia, progettata da Heimi Sverrisson, si impone fin dall’inizio con una stravagante profusione di una madre natura che ha preso il sopravvento: tema centrale di Utopia (decimo album dell’artista, pubblicato a novembre 2017).

La lineup del concerto del 30 luglio concede uno spazio agli anni ’90 con Isobel e Human Behaviour, magnificamente trascesi da questa nuova strumentazione; iniziamo, così, a sognare la Björk tanto amata che ha ritrovato la sua bussola pop, anche se per pochi minuti: il tempo di cantare a squarcia gola i brani che l’hanno resa famosa.

In una sognante notte di mezza estate alle Terme di Caracalla, la performance è arricchita dalla maestosità della location, dalla personalità della cantante sempre unica e da un incredibile senso di declinazione visiva. Gli spettacoli generati da questi difficili album continuano ad affascinare il pubblico. La messa in scena della sua “utopia” ecologica, provocata, in un primo momento, dalla sua rabbia per la decisione di Donald Trump di liberare gli Stati Uniti dal “piano climatico”, apre nuove sfide. Björk usa l’ultraterreno per comunicare, con spaventosa intensità, ciò che deve esistere sulla Terra.

Il suo lavoro ha sempre funzionato in concomitanza con la natura di un luogo, mai contro di esso. Ma Utopia potrebbe essere la prima volta in cui l’artista di Reykjavík ha tentato di creare un’ecologia completamente nuova, un nuovo sistema di connessioni, ferocemente politico e intimamente personale.

La regina del trasformismo è chiaramente interessata a giustapporre leggerezza e pesantezza musicale per trasmettere quanto la gioia si intreccia con il dolore. Da qui nasce un mondo nuovo: Utopia.

Ho voluto immaginarla come una terra mai esplorata.

Come sarebbe arrivare su un’isola sconosciuta? Piena di fiori e di uccelli mai visti? Di sentieri ancora da scoprire? Un luogo che fa paura, e allo stesso tempo ti elettrizza, è così il nuovo.Penso non sia mai stato importante come ora, ai tempi di Trump, chiederci come possiamo salvare il nostro mondo. Intanto possiamo immaginarlo, e poi dire con forza e chiarezza quello che vogliamo. Definirlo, fare un manifesto.
Finché la scrivi su un pezzo di carta, l’utopia è solo un’idea. Perché si realizzi dobbiamo sognare tutti insieme lo stesso sogno.

Björk: «Vi racconto la mia Utopia», Vanity Fair

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