23 Giugno 2016. Il 51.9% dei cittadini britannici votano a favore dell'uscita del Regno Unito…
La situazione rimane di stallo, l'accordo con l'UE resta lontano, e il disordine regna sovrano anche per colpa delle lotte interne dei tories e dell'ostruzionismo dei labours.
Economia in pillole, Rubriche di Giovanni Occhiuto
25 Settembre 2018
Che l’uscita dell’UK dall’Unione Europea non sarebbe stata semplice, lo si era capito fin dall’inizio. Ma era difficile immaginarsi che le difficoltà sarebbe state così numerose e di così tante tipologie diverse.
Questo settembre è stato un mese terribile per la Brexit. Varie rotture fanno presagire che una “Hard Brexit”, ovvero un’uscita dura e senza accordi con l’UE, sia ad oggi più probabile di una “Soft Brexit”, un’uscita più morbida e condivisa.
Ma quali sono i principali problemi che stanno rendendo così faticoso l’accordo? Non basterebbe un articolo per spiegarli tutti, sono veramente tanti. La questione immigrazione, i cittadini UE residenti in UK, e poi ancora i rapporti commerciali, la libertà di movimento di cose e persone, debiti e crediti per-esistenti… Tutti questi sono solo alcuni dei (moltissimi) punti in ballo nell’accordo tra UK e UE per la Brexit.
Quello che spesso sfugge è che ci sono anche profondi motivi politici che stanno portando a queste forti tensioni nel raggiungere un accordo. E, per una volta, i problemi politici non dipendono dall’UE, ma dall’UK!
Come sappiamo, circa 1 anno fa la May volle andare alle elezioni anticipate per ottenere una più ampia maggioranza di quella esistente e avere quindi più forza nei negoziati per la Brexit. Fu un disastro. In quella tornata elettorale i tories persero la maggioranza assoluta in parlamento e l’UK si indebolì (e non rafforzò) sul tavolo delle trattative per la Brexit.
Da quel giorno in poi la gestione del partito è sempre stato un compito molto difficile per la May. Fino ad oggi, quando trapela che dei 320 tories, ben 50 stiano remando contro la May e stiano ostacolando i negoziati per la Brexit, con lo scopo di defenestrarla. Un problema che si ripercuote, e non poco, su come la May può negoziare con l’UE.
Ed i labours? Di certo anche loro non stanno aiutando a trovare una soluzione, alcuni direbbero “com’è giusto che sia”. Il partito laburista spinge per un secondo referendum sulla Brexit, ma anche al suo interno c’è tanta confusione tra labours che vorrebbero una secondo referendum sull’uscita dall’UE e labours che vorrebbero sì un referendum, ma solo sull’accordo pratico (ancora da fare) con l’UE.
Inutile a dirsi che tutto ciò non aiuta il processo di uscita. Ma come biasimarli: d’altronde il partito laburista si è sempre opposto con forza alla Brexit. Meno comprensibili sono però le mille voci, e pressioni, all’interno del partito che Corbyn sta avendo serie difficoltà a contenere. Anche la sua posizione, dunque, è tutt’altro che tranquilla.
In conclusione, possiamo dire che ottobre sarà un mese importante per la Brexit. In questi giorni infatti si terranno sia il congresso nazionale dei tories sia il congresso nazionale dei labours. Quali miglior occasioni per avere delle “rese dei conti” all’interno dei partiti. Sia la May che Corbyn si giocheranno molto del loro futuro politico.
In caso di esiti negativi nel congresso dei tories, il fantasma di nuove elezioni anticipate in UK potrebbe tornare prepotentemente sulla scena.
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