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Il genocidio degli armeni, un amore per procura e il racconto venuto fuori dagli occhi di un figlio.
26 Novembre 2018
“Una bestia sulla luna” è il titolo del testo più famoso di Richard Kalinoski, pluripremiato drammaturgo e regista residente all’Università del Wisconsin Oshkosh. Testo che diventa spettacolo teatrale per la regia di Andrea Chiodi.
Apprezzato in tutto il mondo e vincitore di cinque Molières in Francia, racconta del genocidio armeno attraverso una storia di esilio e di rifugiati, sul filo del dolore del passato e la speranza di un futuro da costruire.
Messo in scena al Teatro Palladium di Roma per soli tre giorni (fino a domenica 25 novembre), a sipario calato è stato possibile respirare una giostra di argomenti sensibili che spaziano dai traumi dell’immigrazione all’emancipazione femminile, dalle arcaiche concezioni sull’istituzione familiare al diritto ad una vita dignitosa di cui tutti dovrebbero beneficiare.
A calcare il palcoscenico, la grande forza espressiva della meravigliosa Elisabetta Pozzi nel ruolo di Seta Tomasian, accanto a Fulvio Pepe (Aram Tomasian), Alberto Mancioppi (un vecchio signore) e Luigi Bignone (Vincenzo).
L’urgenza di un rapporto con il passato che inizia nel 1921, nella città di Milwaukee. Aram Tomasian è un fuggitivo del genocidio del popolo Armeno. Tutti i membri della sua famiglia sono stati brutalmente assassinati. Cosa fare? Rinunciare alla vita potrebbe sembrare la scelta più logica, ma Aram non vuole esattamente questo, lui decide per la vita, sogna una moglie e una discendenza in America.
Per procura sposa così una giovane Armena, sopravvissuta come lui, Seta, nella speranza che, una volta insieme, tutto possa essere ricostruito. Seta è grata ad Arem, di fatto incarna la donna ubbidiente e asservita forse e soprattutto anche perché riconoscente d’esser viva, al contrario di chiunque conoscesse prima.
Spesso è però la vita stessa a non esaudire le preghiere degli uomini.
Quella di Aram e Seta è una storia d’amore e di tradizione, che viene narrata sotto forma di ricordo dalla voce e dalle parole del figlio adottivo: ormai settantenne. Vincenzo, racconta la storia difficile dei suoi genitori e la sua personale vicenda, sullo sfondo di una delle pagine più dolorose del Novecento.
«È stata l’occasione di poter riaprire una ferita della storia, riparlarne, riscoprire che cosa è accaduto.
Tutto attraverso una relazione tra un uomo e una donna, una relazione che nasce dal dolore. Una relazione che forse non sarebbe dovuta nascere, ma che nella sua genesi porta il desiderio di conservare una storia e una tradizione che si stava cercando di eliminare: quella Armena.
Ecco allora che un amore costruito per procura può invece dar vita ad una speciale famiglia e parlarci di salvezza e amore per l’altro.»
Racconta il regista Andrea Chiodi.
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