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Leonardo Crudi e la cultura moderna attraverso la lente del Suprematismo

Dalla street art allo studio del cinema d’avanguardia sovietico e alla rielaborazione dell’arte e della fotografia del Suprematismo, Costruttivismo e Futurismo russo.

L’artista romano Leonardo Crudi ragiona sugli artisti del 20° secolo che hanno influenzato lo sviluppo del design comunicativo contemporaneo.

Parla ai lettori di Just Baked della sua serie di manifesti di film d’avanguardia italiani per i quali non sono mai state realizzate locandine promozionali e condivide i suoi piani futuri sulla realizzazione di un film in cui la cultura sovietica e moderna convivono in un’unica realtà.

Come sei passato dai graffiti alla carta?
Ho iniziato a fare i graffiti da piccolissimo, avevo circa 13 anni, e ho continuato fino all’età di 21 anni. Coincide con una scelta personale, il fatto di chiedere di più a me stesso, non mi bastava più il graffito che parlava ad una conventicola di personaggi. Il graffito parla agli altri graffittari mentre questa tipologia di espressione parla ad un pubblico più ampio, quindi era più adatta a quello che volevo fare e dire.

Сosa è la street art per te?
La street art dà la possibilità a chiunque di mostrare il proprio lavoro e le sue capacità, di conseguenza questo è anche il suo grande difetto. Nel senso che tutti possono scendere in strada e disegnare o attaccare un proprio lavoro: costringe le persone a guardare qualcosa che magari può essere brutto, quindi la street art ha i suoi lati pro e contro. Di base è una cosa positiva in quanto apre le porte delle gallerie in qualche modo: chiunque può vivere l’arte solo magari andando a lavoro, però non sempre quest’arte è bellissima.

Quali strumenti usi per creare i tuoi lavori? Preferisci lavorare manualmente o in formato digitale?
Preferisco lavorare manualmente con penne, smalti e pennelli vari, però in questi ultimi anni (soprattutto nell’ultimo) mi sono avvicinato al digitale anche se con enorme difficoltà. Non avendo fatto nessun tipo di studio in questo settore, lo uso in maniera piuttosto naif, da autodidatta… Insomma non è la mia principale dote, ma sto iniziando a pensare di prenderlo in considerazione.

Cosa ti ha portato allo studio del cinema d’avanguardia sovietico e più tardi alla rielaborazione dell’arte e della fotografia del Suprematismo, Costruttivismo e Futurismo russo?
Sicuramente la scoperta di un linguaggio diverso.

Da autodidatta tutto quello che comincio ad assimilare viene dal cinema, quindi dall’immagine.

Essendo un appassionato di cinema sia sperimentale che d’avanguardia italiano, leggendo libri e ascoltando le interviste dei principali registi e artisti di quel periodo, ho notato che citavano tutti il cinema sovietico. Dziga Vertov, Ėjzenštejn, Kulesov ed io non sapevo chi fossero!

Avendo un’infarinatura generale di cultura sovietica per un mio percorso politico, decido di approfondire questo periodo storico, i primi del novecento, e rimango assolutamente affascinato da queste immagini uniche e forti. Decido quindi di ispirarmi a quel periodo lì, al costruttivismo soprattutto e al suprematismo, per una parte del mio lavoro.

Uso molto il foto dinamismo, i colori piatti del suprematismo, l’estetica costruttivista nella pubblicità e nelle grafiche: un “melting pot” di queste correnti dell’epoca.

Parlaci della serie di poster per il progetto “Cinema”, dedicato ai film d’avanguardia italiani.
Il progetto inizia con il mio approccio alla strada, quindi il primo o secondo anno che metto manifesti, e decido di dedicare questo lavoro al cinema d’avanguardia ed al cinema sperimentale italiano perché in quel periodo c’e stata una grandissima produzione di film, cinema underground…

E la cosa che mi ha folgorato è stata che nessuno faceva le locandine di questi film, quindi decido di dare loro un’immagine.

Essendone io un patito ne conoscevo abbastanza, altri li ho conosciuti facendo questo lavoro. Con l’intenzione di farli conoscere anche a livello del grande pubblico perché la strada è attraversata da qualsiasi classe sociale. Quindi era anche un incentivo per far riparlare di questo cinema che non e più in voga come negli anni 60-70-80.

Come la società moderna può trasformarsi attraverso il tuo lavoro?
Io offro un’estetica diversa da quella europea perché mi rifaccio ad un periodo storico e geografico lontano da noi.

Però prima del “progetto cinema” ne ho realizzato un altro per il centenario della rivoluzione d’ottobre e quel lavoro, secondo me, è stato sottovalutato.

Non volevo riportare in auge le personalità politiche o il periodo politico, anche sposandolo se vogliamo, ma l’idea era di far conoscere a Roma delle personalità artistiche che per me hanno segnato i primi del novecento.

Rodčenko e altri hanno dato una grande mano nella pubblicità contemporanea e nella grafica. Lo stesso nel cinema i registi di quell’epoca, come Mejerchold con il teatro biomeccanico, come la cultura e via dicendo… Ed io volevo solo far vedere alle persone che c’erano dei punti di connessione con quello che la gente conosceva e quello che non conosceva: artisti quali Ljubov Popova, Varvara Stepanova. Personaggi molto importanti però non molto noti qui da noi.

L’arte influenza la politica o la politica influenza l’arte?
Secondo me dipende dal contesto storico, comunque è un gioco che non è alla pari: l’artista cerca di mettere sul foglio qualcosa in base al linguaggio.

Come diceva Pasolini quando lui faceva un film non voleva cambiare l’etica del lavoro ma voleva solo cambiare il linguaggio, quindi il pensiero rimaneva quello.

La stessa cosa è per l’arte: uno può scrivere poesie, può fare film, può fare dipinti, quello che pensa poi si vede a lavoro finito.

Comunque penso che l’arte possa descrivere bene la politica, non so se riesce a cambiarla, forse la può accompagnare in un cambiamento, come secondo me è successo nel periodo della rivoluzione.

Ossia il fatto che si rompessero tutti gli schemi quando si stava rompendo anche uno schema fondamentale come quello di una società nuova.

L’arte secondo me cerca di accompagnare questo ragionamento, quindi dal re, dai padroni si passa al popolo. Anche se l’arte non dipingeva il popolo e per il popolo era difficile capire quella tipologia di arte, era più facile essere descrittivi.

Loro hanno provato a farti pensare ad una società diversa, tra virgolette “prepararti” ad una società diversa. Quindi questo si può fare.

Quali sono secondo te i più importanti artisti grafici e fotografici del 20° secolo che hanno influenzato lo sviluppo del design comunicativo contemporaneo?
La pubblicità ed i media contemporanei continuano ad essere influenzati da artisti del 900.

Rodčenko nella pubblicità è molto comunicativo con il colore, con l’immagine, quindi riesce a trasmettere un messaggio abbastanza essenziale come deve essere quello della pubblicità. Nella fotografia, parlando di media, il Kinoglaz o il Cineocchio secondo me è stato importantissimo, è stato una rivoluzione! Il fatto che il cinema potesse farti vedere quello che stava accadendo in quei giorni invece di decantare storie d’amore di nobili in chissà quale paese è una grande rivoluzione.

E quello poi è servito per i documentari, per la fotografia giornalistica, per i reportage. Quindi ritengo che personaggi come Dziga Vertov, Rodčenko siano tuttora importanti per il contemporaneo.

Cosa hai esposto all’Outdoor Festival 2018?
Ho esposto 4 lavori di dimensioni abbastanza importanti e ho portato avanti il progetto che stavo sviluppando in strada, quindi quello della rivoluzione, strizzando l’occhio al lavoro successivo, cioè quello del cinema.

Ho legato questi due discorsi che sono quello dell’arte sovietica, della cultura sovietica e del cinema. Ho presentato nel primo lavoro la storia d’amore o “ménage à trois” se vogliamo tra Majakovskij, Lilja Brik e Osip Brik; e nell’altro che era Rodčenko. Poi invece per quanto riguarda il cinema ho fatto Dziga Vertov e l’ho rappresentato con un’elica sotto la faccia perché il montaggio, il suo modus operando, mi ricordava il movimento circolare dell’elica. Insomma connessioni mie… E poi Ėjzenštejn.

Ho pensato che presentando un progetto all’Outdoor Festival (una manifestazione molto importante e molto seguita) entrare troppo nel dettaglio sarebbe stato poco producente per la tipologia di lavoro che volevo fare. Quindi ho cercato di essere non dico sintetico però di prendere i cavalli di battaglia di quel periodo e cercare di cominciare da lì, per poi continuare in strada il lavoro che avevo presentato all’Outdoor.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente entrare anche io a far parte di quel mare magnum che e la cinematografia.

Voglio fare un film, voglio anch’io cercare di sperimentare con immagini in movimento, con la fotografia, e tutte queste cose qui, sempre rimanendo legato alla pittura.

E soprattutto desidero cercare di trovare un anello di congiunzione tra quello che era la cultura sovietica di quel tempo e quella contemporanea. Quindi cercare di entrare un po’ a gamba tesa nel contemporaneo con una cosa che tanti definiscono antica o vecchia ma che, a mio parere, non lo è affatto, in quanto continua ad essere contemporanea e attualissima. Voglio far sposare queste due realtà.

Fotografie e riprese: Masha Ruzova

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