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Il nuovo rapporto con i lettori e lo sciopero degli scrittori.
5 Giugno 2020
La quarantena ha influito sul nostro rapporto con la lettura? La crisi del settore editoriale è strutturale o contingente? Il nuovo avvicinamento tra lettori e autori segna l’inizio di una storia d’amore? È arrivato il momento di un grande sciopero degli scrittori? Qual è il ruolo dello scrittore? Esistono ancora scrittori?
Sono domande intorno alle quali leggo e rifletto da più di quindici anni, da quando ho iniziato a prendermi sul serio il lavoro dello scrittore. Sono domande alle quali, però, non ho mai voluto rispondere teoreticamente, ma per le quali ho sempre cercato riscontri nella prassi, nella realtà quotidiana, nelle manifestazioni concrete di questi problemi, nelle contraddizioni.
Durante la chiusura totale del paese ho continuato a insegnare da casa, ho continuato a scrivere e a leggere come molti altri colleghi.
In questa lunga pausa obbligata ho avvertito anche la necessità di ascoltare, chiedere, rivalutare, rimettere in discussione una serie di cose che, fino a quel momento, tendevo a tenermi per me e a posticipare.
Novità editoriali sospese o cancellate, librerie chiuse, editori sul lastrico, l’intero sistema culturale al collasso, fiere rinviate, i nuovi dati sulla lettura come sempre poco incoraggianti. C’è qualcosa che non va. E allora ho fatto un piccolo sondaggio.
I rilevamenti sul mondo del libro di solito sono quantitativi e monodirezionali, cioè tesi a studiare il libro come oggetto di consumo e il lettore come consumatore.
Come fruitore e di certo non come esperto di statistica, credo che sia necessario analizzare le cose in un altro modo per soddisfare esigenze conoscitive più profonde.
Il libro, infatti, non si può più considerare alla stregua di un qualsiasi altro oggetto di consumo.
La cosa ha funzionato per un po’, di sicuro su questa impostazione sono sorte enormi fortune, giganteschi gruppi editoriali e ipertrofici fenomeni che fanno cassa. Ma a lungo andare si è perso l’affetto dei lettori, la loro formazione in quanto tali e, soprattutto, si sono messi da parte i primi, veri responsabili e artefici di tutto questo carrozzone: gli autori.
Ora che il nostro mondo si vede sconvolto da una pandemia, tutto viene rimescolato e tutto è in discussione.
Stavolta, invece di lasciarci spingere dall’onda d’urto come ormai siamo abituati a fare, forse è il caso di cavalcarla quest’onda e guardare lontano per essere qualcosa di più di semplici compratori o egocentrici produttori di contenuti.
In breve, abbiamo da una parte un mondo editoriale in subbuglio, un mondo perlopiù povero o dove i grandi profitti vengono distribuiti male e per un numero molto esiguo di persone: il distributore, il tipografo, il direttore di marketing. In coda ci sono le librerie, i traduttori, i correttori, i grafici editoriali.
Mancano gli autori, vero? Al netto dei fenomeni pubblicitari di massa, semplicemente non ci sono. Con i contratti che circolano e il numero di copie di un libro effettivamente vendute in un anno, gli autori possono ringraziare se vengono invitati a qualche aperitivo o se pagano qualche bolletta con i diritti d’autore.
Gli scrittori in quanto tali non possono chiedere neanche il contributo statale di 600€ del fu decreto “Cura Italia” perché non rientrano in nessuna categoria professionale.
Lo scrittore è stato ridotto a consumatore del suo stesso prodotto, un utente tra gli altri.
Come ho accennato sopra, ho cercato di dare un minimo di base alle risposte che cercavo creando un questionario semplice, non scientifico, incompleto e a volte parziale. Una chiacchierata su Google Forms, diciamo.
Ho realizzato il sondaggio tra il 28 aprile e il 6 maggio, mentre entrava in vigore la nuova legge sul libro. Hanno risposto 87 persone. Ecco un breve riepilogo delle domande e delle risposte.
Alla fine del sondaggio ho lasciato uno spazio bianco per i commenti liberi. Eccone alcuni.
“Non riesco a dedicare alla lettura il tempo che vorrei, una volta ero un’appassionata lettrice”.
“Il tempo dedicato alla creatività e all’arte è necessario per se stessi e per la propria crescita. Questo momento mi ha dato il permesso di ricordarmelo e metterlo in pratica con più assiduità”.
“Già era necessario prima della quarantena, forse adesso ancora di più, promuovere eventi per non far morire totalmente questo mondo. È veramente triste sentire quante librerie stanno chiudendo!”.
“Spero che questa quarantena forzata abbia avvicinato alla lettura e all’arte persone che non ne giovavano. Credo si debba fare il possibile per fare sì che queste persone non perdano questo nuovo interesse, continuando a proporre iniziative particolari come quelle messe in campo in questo periodo”.
“Sono una teatrante. Non sono ottimista sul futuro più prossimo. Ho fiducia nella risposta creativa sul lungo periodo”.
“Ritengo fondamentale che spettacoli culturali, teatrali, musicali, letterari siano disponibili on-line per avvicinare chi non è solito uscire di casa per raggiungere teatri, cinema, concerti, caffè letterari per pigrizia, ignoranza o disinteresse”.
“Oggigiorno il web è l’accesso più rapido ad ogni cosa, quindi anche alla cultura. Naturalmente non sostituisce né restituisce l’emozione, il clima, l’ambiente che si respira, si prova dal vivo. Può essere comunque una valida e importante alternativa e un’opportunità per avvicinare più persone alla cultura”.
“All’inizio della quarantena ho avuto difficoltà a trovare la concentrazione per leggere e scrivere nonostante avessi più tempo. Dopo le prime due settimane per fortuna è tornato (da questo punto di vista) tutto come prima”.
“Il libro può essere lo strumento fondamentale in questo periodo, per le persone poco acculturate, di acquisire cultura e conoscenza”.
“La letteratura in generale e specialmente quella nuova, emergente, indipendente, così come le case editrici, hanno bisogno di sostegno economico ed emozionale da chi ha il potere” (tradotto dallo spagnolo).
Ora è il momento di provare a trarre non delle conclusioni, perché ora c’è bisogno più che mai di aperture, spazi, confronti e non conclusioni.
Possiamo provare a tirare insieme due fili rossi interconnessi e vedere dove ci portano: il rapporto tra scrittori e artisti in generale e pubblico e lo sciopero delle parole (nel prossimo articolo).
Il domani è vicino e reclama il suo spazio con urgenza.
Come dicevamo, la quarantena ha messo in moto dei meccanismi di sopravvivenza spontanei molto significativi. Si sono fatte, e si fanno ancora, dirette con gli autori, con gli editori, con gli attori, si sono visti spettacoli, si è ascoltata musica dal vivo, si è discusso insieme, si sono presentati libri, ecc.
È stato finalmente messo in luce il vero potenziale delle reti sociali, la loro utilità ultima che va ben oltre la stancante gara di narcisismo a cui siamo abituati.
Come ho detto in più occasioni, d’ora in poi non si potrà più pensare di fare una presentazione di un libro senza ritrasmetterla online in tempo reale.
Si è fatto tutto gratuitamente. Tutti gli editori si sono attrezzati regalando le versioni eBook di alcuni titoli o proponendo pacchetti e sconti molto convenienti. Si è organizzata una rete di librerie che consegnano a domicilio in poche ore.
Il libro si è fatto sentire vicino, finalmente, e anche gli autori sono usciti un po’ di più allo scoperto, mostrandosi come sono ai lettori.
Questo ha prodotto un oggettivo avvicinamento, una sorta di familiarità, come se avessimo finalmente realizzato quel famigerato incontro ravvicinato del terzo tipo atteso da anni. Ci eravamo allontanati, eravamo diffidenti, non ci conoscevamo più. Ma ora qualcosa si è incrinato su questa superficie ghiacciata, e non possiamo perdere di vista questa sottilissima crepa, non possiamo non approfondirla e aprirla del tutto, perché ho la sensazione che solo così gli italiani torneranno ad apprezzare il valore della lettura -che in ultima analisi è lo specchio e il reagente della nostra vita interiore– e, quindi, a essere di nuovo cittadini.
Perché ora, diciamoci la verità, di cittadini abbiamo ben poco.
La partecipazione, inoltre, crea nuova cultura, genera informazione e diventa formazione dello spirito e dell’intelligenza. Se i lettori potenziali hanno potuto finalmente vedere e ascoltare gli autori, interagire con loro, e la curiosità si è infiltrata in loro, allora anche gli scrittori potranno riprendere contatto con la realtà, riprendersi la propria dignità e magari tornare a scrivere non più per l’editore o il critico, ma per il lettore, avendolo bene in mente come concittadino al quale parlare. L’editore e il critico, infatti, svolgono un lavoro preziosissimo, ma anche loro devono tornare a fare ciò che dà senso alla loro esistenza: scovare i talenti, conoscere, far conoscere, potenziare la comunità, la diversità e la qualità della comunicazione. Non essere inseguiti e adulati.
In tutto questo c’è da capire cosa ci sta a fare lo scrittore.
Nel prossimo articolo approfondirò il secondo filo rosso. Partiamo da una tragicomica provocazione: nella crisi che stiamo attraversando, è giusto chiedere che a tutti i lavoratori e gli imprenditori si offrano aiuti immediati e reali.
E se includessimo anche gli scrittori? Questa categoria è completamente assente. È un vuoto grave e significativo.
Molti scrittori quest’anno contavano sulla pubblicazione di almeno una loro opera, e ora vedono andare in fumo tutto il loro lavoro, tutte le loro speranze non già di guadagno, ma almeno di riconoscimento e quindi di eventuali futuri incarichi, eventi, collaborazioni, ecc. Insomma, per molti è svanito il secondo motivo per cui si scrive: il pubblico (il primo è scrivere). E dovranno mantenere il rapporto attraverso le modalità sopra discusse.
Il vuoto è grave non perché noi autori non potremo pagare l’affitto: tutti o quasi, spero, abbiamo una prima occupazione che ci garantisce delle entrate.
È grave proprio perché si dà per scontato che gli scrittori in quanto tali semplicemente non esistano, perché siamo ingegneri, professori, postini, istruttori di tennis o impiegati che, nei ritagli di tempo, scriviamo.
Il vuoto è grave perché se ci guardiamo intorno, scopriamo che è così solo da noi, in Italia.
Nella pagina web del Consiglio Europeo degli Scrittori ho scoperto che in tutti i paesi europei si stanno attrezzando per garantire sostegno diretto anche agli scrittori.
L’idea di uno sciopero degli scrittori è la mia proposta, un esercizio di fantasia in un mondo al rovescio.
A guardare bene le cose, però, sembra che viviamo da troppo in un mondo davvero al rovescio. Forse è arrivato il momento di raddrizzarlo, di capire qual è il “recto” del foglio.
Ma ne parliamo la prossima volta.
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