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3 Gennaio 2022
Per fare emotional branding un’azienda deve prima di tutto fare branding. Ma cosa vuol dire?
Un’azienda che fa branding ha come obiettivo quello di posizionare il suo marchio nella mente del consumatore, affinché quest’ultimo lo preferisca alla concorrenza.
Secondo Kotler “Il branding è conferire ai prodotti e ai servizi la forza di un brand”.
Se alle strategie di branding tradizionali aggiungiamo la componente emotiva parleremo di strategie di emotional branding.
Marc Gobé nel suo Emotional Branding: the new paradigm for connecting brands to people è stato il primo a parlare di branding emozionale. L’autore partiva dal presupposto che nelle relazioni tra brand e persone si dovesse innescare una connessione a livello emozionale. Questo perché, col passare degli anni, sempre più il consumatore, nel fare acquisti, si fa guidare dalle proprie emozioni e non valuta solo le prestazioni e le funzionalità del prodotto di cui ha bisogno.
I consumatori non vogliono più semplicemente acquistare un bene o un servizio, vogliono vivere un’esperienza che faccia provare loro emozioni. Di conseguenza le aziende hanno compreso quanto sia importante mettere in atto strategie di comunicazione focalizzate sulle persone e sulle loro emozioni.
Così l’emotional branding è diventato fondamentale per rendere un brand unico e indimenticabile, competitivo e capace di guadagnarsi la fiducia del pubblico.
Quando una persona deve fare un acquisto, solitamente, segue un percorso che viene chiamato customer journey (letteralmente “viaggio del cliente”) che inizia quando ci sono i primi contatti tra azienda e cliente e termina nel momento in cui avviene l’acquisto.
È un processo abbastanza lineare che prevede 5 fasi:
Quando entra in gioco l’aspetto emozionale, però, questo processo decisionale smette di essere così logico e razionale. Il cliente diventa più impulsivo proprio perché motivato dalle emozioni e la chiave del successo dell’azienda non è comunicare solo il “cosa”, ovvero il prodotto e le sue caratteristiche, ma tutto ciò che c’è dietro la sua creazione. Nelle campagne di comunicazione, infatti, le aziende cominciano a comunicare con empatia e a raccontare la storia del brand, i suoi valori e la sua essenza.
È risaputo, ormai, che lo storytelling è uno dei metodi di comunicazione più utilizzati per comunicare i propri marchi o prodotti, proprio per la sua capacità di persuadere e coinvolgere. Ma perché è una strategia di successo?
Lo storytelling, l’atto del narrare, è considerato il metodo più efficace per esprimere le proprie emozioni. Comunicare attraverso il discorso narrativo fa sì che il messaggio sia comprensibile e memorizzabile e favorisce la persuasione del pubblico. In più, ogni individuo può interpretare la storia a modo proprio e provare emozioni diverse a seconda dell’esperienza che il racconto stesso fa vivere.
Anche nel caso dell’emotional branding si rivela essere una strategia con un potenziale enorme che, se utilizzata bene, riesce a far innamorare il target a cui l’azienda vuole rivolgersi.
Bernadette Jiwa sostiene che le storie servono proprio a comunicare efficacemente i nostri valori, celebrano i nostri punti di forza, rafforzano il nostro valore e costruiscono relazioni fedeli ed autentiche.
Nel narrare le sue storie, l’azienda deve però ricordare di porre il cliente al centro. Il focus della strategia, infatti, passa dall’oggetto in vendita al soggetto a cui l’azienda vuole vendere un determinato prodotto. Per questo motivo occorre focalizzarsi sull’individuo, sulle sue caratteristiche, sui suoi bisogni, desideri e timori. L’obiettivo della comunicazione è creare relazioni durature basate sulla fiducia reciproca tra cliente e azienda.
Gobé, nel volume citato in precedenza, mette a punto 10 comandamenti per far sì che le aziende riescano nella creazione di strategie di branding emozionale efficaci. Vuole, quindi, dimostrare che un’azienda, oltre a vendere i suoi prodotti, riesce a trasmettere i suoi valori al cliente che vivrà un’esperienza ricca di emozioni al punto da sviluppare un sentimento verso il brand. Scopriamoli nel dettaglio:
Se facciamo caso agli spot Nike possiamo notare che il focus non è mai sul prodotto: quasi sempre questo non è neanche mostrato e, se non fosse per il logo e lo slogan che appaiono alla fine del video, non capiremmo neanche che si tratta di un ad prodotto da Nike.
Questo perché il brand vuole evocare particolari sensazioni e bisogni nel consumatore che possono essere poi soddisfatti solo acquistando prodotti Nike.
Nota: qui inserisco il primo esempio di emotional branding di Nike
Altro brand famoso per le sue campagne di marketing emozionale è Coca-Cola che fa leva soprattutto su felicità e spensieratezza. Qualche anno fa ha creato bottiglie personalizzate con nomi propri di persona e ha lanciato la campagna Share a Coke with per ispirare le persone a condividere momenti di felicità insieme agli amici.
Non possiamo non citare Apple che ormai ha dato vita ad una vera e propria community di cui il consumatore fa parte. In questo modo i clienti non solo acquisteranno i prodotti preferiti ma entreranno in relazione con altri individui con aspirazioni e interessi comuni. Si sviluppa un senso di appartenenza al marchio che è ormai uno status symbol.
Quanto le emozioni influenzano i vostri acquisti?
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