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Alex Garland e la mascolinità tossica

“MEN” 2022

All’indomani di una tragedia personale, Harper (Jessie Buckley) si ritira da sola nella bellissima campagna inglese, sperando di aver trovato un posto dove guarire. Ma sembra che qualcuno o qualcosa dei boschi circostanti la stia perseguitando.

Quello che inizia come un terrore ribollente diventa un incubo completamente formato, abitato dai suoi ricordi e paure più oscuri nel nuovo film horror febbrile e mutevole del visionario regista Alex Garland (Ex Machina, Annihilation).

MEN racconta la fascinazione per l’Uomo Verde, racconta della natura implacabile e del suo rapporto squilibrato con la donna. Le donne d’altra parte, sono sempre consapevoli della minacciosa monotonia di un mondo che le ostacola da sempre.

La sceneggiatura è particolarmente ansiogena e la disperazione non espressa dai suoi occhi testimonia il fatto che, pur comprendendo razionalmente la natura fissa di questo gioco, si sente ancora messa all’angolo da un dubbio inspiegabile, che presto assume manifestazioni fisiche.

Rory Kinnear: plasma ogni scena e ritrae l’insidiosità dello sguardo maschile nella sua forma più puerile e violenta, mostrando una vulnerabilità che sarebbe quasi pietosa se non fosse così grottesca.

MEN può essere analizzato su un duplice livello:

Tutto inizia con un tunnel, che negli studi psicologici e psichiatrici il tunnel può scatenare una sensazione di oppressione verso situazioni o di grande responsabilità da cui si vorrebbe solo fuggire per ritrovare un equilibrio interiore.

Il tunnel, in chiave onirico-allegorica, con la sua forma ricorda quella del canale cervicale quando il feto nasce. Non a caso, tale urgenza di rinascita viene riproposta nel finale.

Il finale rappresenta, infatti, la scena più viscerale che rafforza la singolare abilità di Garland come artigiano di immagini indelebili e di un umore avvincente.

Il film si chiude con il ricordo dell’ex marito che si siede accanto a lei, pronto ad infestare ancora una volta la mente della protagonista, in un raccapricciante ciclo senza fine apparente. Ciò, può essere interpretato come tutte proiezioni mentali dei sensi di colpa che la lascia cadere in un senso di trance priva di consapevolezza. L’orribile parto delle tante figure presente nella scena finale, invece, potrebbe essere letto in chiave allegorica significante la ciclicità della figura femminile nel corso della storia.

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