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Journey: il nuovo EP di Marco Moreggia

Si intitola Journey il nuovo EP del musicista,  DJ e producer Marco Moreggia.

Il disco, che esce su Mystic Records,  esclusivamente in vinile e a tiratura limitata, rappresenta un “viaggio” musicale suddiviso in tre tracce,  risultato di un ispirato e meticoloso lavoro in studio e di riuscite collaborazioni.

Il primo brano è un omaggio al grande compositore Moondog, il vichingo della sesta avenue, impreziosito dalla voce di Mila, cui segue una suite electronic-jazz scandita dall’elegante performance alla tromba di Fabrizio Bosso. Chiude l’EP il “cosmic mix”, ovvero la porta d’accesso verso il momento più intenso e forse personale, una dedica ad un amico scomparso prematuramente.

Tre tracce avvolgenti che conducono l’immaginazione di chi ascolta verso luoghi lontani, proprio come all’interno di una ricerca interiore che si dipana tra le variabili della musica elettronica; queste ultime sono interpretate con stile da Marco Moreggia, artista capace di materializzare in musica le sue diverse anime sonore.

Il suo sound non soltanto riesce nella capacità di conquistare e coinvolgere il dancefloor senza cedimenti, ma allo stesso tempo possiede una ricchezza e varietà di stili e influenze che sono il risultato della sua ultra decennale esperienza sulla scena clubbing italiana ed internazionale.

In occasione dell’uscita di Journey, abbiamo avuto l’opportunità di parlarne direttamente con Marco Moreggia: l’artista ha risposto ad alcune domande per raccontarsi ai lettori di Just Baked.

Da poche settimane è uscito il tuo ultimo EP, dal titolo Journey.
Potresti raccontarci la genesi del progetto, l’ispirazione e i motivi che ti hanno portato a realizzare un disco interamente a tuo nome dopo tanti anni di attività?
Dopo la mia uscita su Verve con Magic Susi (così si chiama l’album che firmai insieme a Fabrizio Bosso), mi sono preso una lunga pausa riflessiva come producer. È stato un lavoro molto lungo e impegnativo, che avevo iniziato e accantonato per i numerosi impegni in consolle e nella realizzazione di selezioni musicali per importanti eventi (sfilate, installazioni sonore per mostre, sempre legate alla moda), per poi riprenderlo e finirlo grazie al mio incontro con Saturnino e Fabrizio Bosso… Hanno riacceso in me la fiamma e il desiderio di terminare quel progetto!

L’anno scorso poi, a una serata di capodanno in cui mettevo i dischi, ho incontrato Sandro, con il quale nel 1991 avevo avviato la Mystic Records. Non ci vedevamo da qualche anno, da lì è scattata l’idea di fare una nuova uscita su Mystic, che era ferma dagli anni 90, ma che continuava a essere molto richiesta con le vecchie release. L’idea ci è sembrata buona e per me era ritornare alle origini e ricominciare da dove ero partito, su un’etichetta indipendente.
Proprio per questo ho deciso di realizzare il progetto e uscire a mio nome, quasi trent’anni dopo.

Journey è un viaggio molto personale, non soltanto nelle sonorità che appartengono al tuo percorso artistico quanto anche nelle esperienze di vita che hai voluto tradurre in musica. Puoi dirci qualcosa sulle destinazioni musicali che hai scelto?
Questo progetto è un viaggio interiore che amo definire a tratti acido, poetico, ipnotico e cosmico. Durante le session in studio ho viaggiato per lavoro, sono stato invitato a mettere i dischi a Delhi dall’Ambasciata Italiana e a Londra dal progetto A-Head: ritrovarmi in queste due metropoli così incredibilmente diverse è stata fonte di grande ispirazione. Londra la conoscevo, Delhi è un altro mondo, impossibile da raccontare.

Sempre in quei giorni è venuto a mancare prematuramente un caro amico, al quale poi ho dedicato Journey 3, la traccia che va a chiudere l’EP.
Questa perdita è stata difficile da accettare, ho sofferto molto e ancora oggi non mi sembra vero.
Per fortuna ho avuto dei compagni di lavoro alla Wonder Wet Studio di Roma, che mi hanno supportato, con molta delicatezza, e con i quali sono riuscito ad avere completa empatia. Il disco è stato realizzato con molta serenità e fluidità.

Il tuo nuovo EP presenta collaborazioni musicali di rilievo, tra tutte quella con il celebre trombettista jazz Fabrizio Bosso: che idee condividete rispetto alla musica e in particolare all’interazione tra jazz ed elettronica?
Conobbi Fabrizio Bosso nel 2013, a una serata al Rising Love di Roma: era un progetto che mi vedeva in consolle al fianco di importanti musicisti. La prima fu con il grande bassista Saturnino, un enorme successo. Da lì decidemmo con la direzione artistica del locale di farne altre, quindi chiesi al mio amico Fabrizio Detommaso (che organizzava rassegne jazz a Monopoli) di aiutrami a contattare il management di Fabrizio Bosso. Qualcuno non credeva che avrebbe accettato ma, come tutti i grandi artisti, è curioso e si da con molta generosità quando lo ritiene giusto.

Il nostro primo incontro è stato di intesa immediata, non ci siamo dovuti dire molto, abbiamo provato un disco, due, giusto perché capisse il feeling musicale. Mi ha guardato e mi ha detto «mi piace ‘sta roba», poi ci siamo rivisti direttamente sul palco.
Anche quella serata è stata incredibile, si è creata una magia tra noi e il pubblico e, da quel momento, è nata una lunga collaborazione che si è poi consacrata con il nostro album sulla leggendaria Verve.
Fabrizio Bosso è presente anche in Journey 2, una delle tracce del mio nuovo disco: un grande regalo che mi ha fatto. Un momento musicale sospeso, di poesia, in cui si conferma il grande talento di questo meraviglioso musicista e amico.

Il jazz ritorna anche nella traccia (featuring Mila) che rende omaggio al grande compositore newyorkese Moondog, conosciuto come il “Vichingo della Sesta Strada”. Cosa ti ha incuriosito di questo personaggio molto eclettico e originale, forse unico nel panorama jazzistico della sua epoca?
La storia e il talento di Moondog sarebbero una sceneggiatura perfetta per un film. Cieco, ha vissuto vent’anni per strada, oltre a essere un grande compositore, ha inventato diversi strumenti musicali.
Da adolescente avevo molta curiosità nei confronti delle persone che vivevano per strada, una sorta di attrazione verso quel mondo ai margini. Ho anche portato a casa qualche sbandato “per la gioia di mia madre”. Mi chiedevo da dove venissero, cosa li avesse portati lì… A volte ero certo che crescendo avrei fatto il loro stesso percorso…

Tornando a Moondog, Journey EP è nato su un suo brano, Invocation, che ho sempre avuto in testa e che ho usato anche in Magic Susi, in un’altra forma.
Questa sua composizione è avveniristica, visionaria, ipnotica, con una sessione di fiati in crescendo, ma che non esplode mai: ti scava dentro e raggiunge la parte più scura dell’anima.
Quei suoni si adattavano perfettamente all’idea che avevo per Journey 1, dopo qualche ora in studio, era finito.
In un secondo momento ho sentito l’esigenza di aggiungere una voce e ho contattato Mila, il nostro è un rapporto di amicizia che dura da tanti anni. Abbiamo sempre avuto il desiderio di realizzare qualcosa insieme e alla fine ci siamo riusciti. La sua voce calda e incisiva era quello che mancava a questo brano.

Journey, che esce per la tua etichetta Mystic Records, rilancia anche la distribuzione di Re-Mix, il celebre negozio di Via Del Fiume. Di recente ha reso disponibile il suo catalogo online di vinili prodotti da label e artisti che hanno lasciato il segno nell’elettronica romana. Che rapporto c’è con Re-Mix e con la sua storia?
Ho visto nascere Re-Mix, conobbi Sandro un anno prima che aprisse. Lavorava in un negozio di dischi in Via Baldo degli Ubaldi a Roma, ci entrai per caso, attratto dalla vetrina con alcuni vinili. Sfogliando i dischi trovai tre stampe originali di E2 – E4 del grande compositore Manuel Gottsching, quasi svenni dalla felicità, le comprai tutte e tre.
Con Sandro entrammo subito in confidenza, mi propose altri titoli, azzeccatissimi con il mio stile, recepì immediatamente il mio gusto musicale. La cosa mi sorprese molto.

In quel periodo il mercato discografico a Roma era rivolto quasi esclusivamente alla dance, al pop al rock elettronico. Era la fine degli anni 80, di musica house ne arrivava pochissima e solo le cose più commerciali, per questo motivo andavo di frequente a New York e tornavo a Roma carico di musica introvabile.
Quando inaugurò Re-Mix si aprì una nuova stagione nel panorama musicale, più precisamente per la House e la Techno.
Sandro capiva i differenti stili di ogni DJ e riusciva sempre ad accontentare tutti, anche quelli più esigenti.
Sono contento di essere proprio io a inaugurare un nuovo percorso di questo marchio storico.

Nel corso della tua carriera hai collaborato alla realizzazione di numerosi progetti ed eventi che hanno segnato l’evoluzione del clubbing degli ultimi decenni. Dalla moda alle mostre, passando per il cinema e in generale alle arti visive: quale di queste esperienze ritieni sia stata essenziale per il raggiungimento della maturità artistica come dj e produttore? E quali sono invece i nuovi progetti ai quali stai lavorando?
È l’insieme di tutto quello da te citato. Ho avuto l’opportunità e il privilegio di esplorare diverse realtà artistiche e ognuna di queste mi ha dato la possibilità di crescere sia individualmente che come artista. Le persone che ho incontrato nella moda, nell’arte, nel cinema e nei club mi hanno aiutato a focalizzare sempre di più il mio obiettivo, che è quello di fare musica.
L’arte mi ha sempre affascinato ed è stata molto presente nel mio percorso. Ho fatto molte serate legate all’arte, ed è stata un punto forte nel festival Direzione Alterità a Cisternino, nella Valle d’Itria di cui sono direttore artistico.
Proprio per questa mia passione ho scelto Disegni (l’opera in video di Barbara Salvucci) per la traccia Journey 3 che chiude il mio disco. Un racconto perfetto che si fonde in modo naturale con la musica, una danza, forme geometriche e disegni che lasciano spazio alla libera immaginazione.

Anche l’immagine del disco è affidata a un artista, Luigi Bonavolontà, con il quale lavoro da quando ho iniziato e che ha sempre disegnato a mano le grafiche per pubblicizzare le mie serate. Sempre lui ha realizzato il logo della Mystic Records.
Con il mio gruppo I Ragazzi Terribili, dalla fine degli anni 80, abbiamo organizzato serate che sono entrate nella storia del clubbing. Eravamo molto giovani, pieni di entusiasmo e anche di talento e per questo molto vulnerabili.
In quel periodo sono successe tante cose belle: abbiamo organizzato un party per Lindsay Kemp, in una nostra serata sono venuti gli U2 e tantissime altre star internazionali. Eravamo sulla bocca di tutti e la nostra fama era alle stelle, tanto che fui chiamato da Enrico Lucherini, il più grande ufficio stampa del cinema, per una lunga intervista di due pagine su Il Messaggero. Era la prima volta che si occupava di un “personaggio” della notte.
Nel futuro mi aspetto tante consolle e sto già pensando a un nuovo progetto discografico.

Se ti chiedessimo di fare una playlist per i lettori di Just Baked quali artisti ed etichette ci consiglieresti di inserire?
Metterò alcuni artisti che hanno segnato il mio percorso artistico e che sono stati fonte di grande ispirazione. Mi sono fermato a 10 ma ce ne sarebbero anche altri… Non è una classifica, la sequenza è casuale.
Alla fine ho inserito il video di Journey 3 il brano che chiude il mio nuovo disco.

Manuel Gottsching / E2 E4
Moondog / Invocation
Brian Eno / Thursday Afternoon

Beatles / Revolution 9
Cymande / Dove
Moondog / Lament Bird

Curties Mayfield / Pusher man
David Bowie / Space Oddity
Donna Summer / I feel love

Sylvester / Over and Over
Massive Attack / Unfinished Simpathy
Marco Moreggia /Journey 3 (Official Video)

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