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In equilibrio nello spazio bianco: Blank è il nuovo album dei MOVION

Dove l’incontro tra musica e visual travalica i generi e incontra la propensione alla sperimentazione, gli scenari musicali abituali si aprono a formule imprevedibili, come quella che privilegia la sostanza e l’originalità proposta dal trio piemontese MOVION.

Il combo, nato nel 2012 e composto da Antonio Vomera (basso, synth, chitarra, loops), Nicolò Tamagnone (chitarra, loops) e Alessandro Angeleri (batteria, percussioni, drum machine), rappresenta una delle sintesi più trasversali e inclassificabili di contaminazione tra rock strumentale ed elettronica, collocandosi in un panorama, qual è quello italiano, che ha quasi sempre assorbito le influenze nordeuropee e americane in questo ambito, senza quasi mai riuscire ad esprimere una propria personale interpretazione.

La collisione tra il sound post-rock/shoegaze, caratteristico del loro omonimo disco d’esordio (inserito nella top 10 di Impatto Sonoro delle migliori uscite italiane), con le sonorità elettroniche di ispirazione minimal, IDM e synthwave rappresenta il substrato di Blank, secondo album in studio dei MOVION.

Il nuovo lavoro, che essce in formato cd per I dischi del Minollo, in formato digitale via Calista Records e in vinile grazie a Drone Rock Records (UK), si articola in otto tracce che esplorano il tema della percezione della realtà, dove ogni nota intende tradurre musicalmente le immagini e gli scenari visivi che le hanno ispirate, alla ricerca di un perfetto equilibrio tra atmosfere sintetiche e soundscapes acustici.

I MOVION lo raccontano, in prima persona, con questa intervista per i lettori di Just Baked.

Qual è l’idea del progetto Movion e dove si colloca, come riferimenti espressivi ed ispirazione, nell’universo musicale italiano?
Il progetto Movion non nasce con un’idea artistica precisa o prefissata (come succede d’altronde per la maggior parte dei progetti musicali), ma si è sviluppato in modo continuo nel corso degli anni, dai suoi albori fino a questo secondo album.
Se però si vuole riassumere il progetto in qualche principio portante, allora possiamo dire che è stata proprio la voglia di superare i canoni di genere, la ricerca di sonorità originali e poco scontate, a guidare il gruppo nel suo percorso.

L’incontro tra i suoni del post-rock e l’elettronica è stato solo l’ultimo passo, con in quale si è cercato di dare il nostro piccolo contributo per portare ad uno step successivo uno dei generi chiave dello scenario rock degli ultimi vent’anni (facciamo anche trent’anni).
Collocarci all’interno dell’universo musicale italiano non è semplice, nel senso che non esiste e forse non è mai esistito un vero e proprio movimento post-rock in Italia così come invece prospera in altri paesi: ci dobbiamo di conseguenza inserire in un panorama artistico meno preciso legato alla musica sperimentale e strumentale.

I componenti della band provengono tutti da diverse esperienze musicali: quali sono stati i presupposti del vostro incontro artistico e qual è il metodo che seguite per lavorare insieme in studio?
Come detto già in parte, non esistevano dei veri e propri presupposti nel nostro incontro artistico, ma questi si sono definiti pian piano con il passare degli anni.
Anni nei quali abbiamo imparato a conoscerci e a suonare insieme, con l’inevitabile influenza reciproca delle tendenze musicali di ciascuno (anche solo temporanee di un certo periodo), e con lo scopo di convogliarle in un unico suono definitivo che ci rappresentasse il più possibile.

Allo stesso modo, non esisteva in principio un metodo con cui si è deciso di suonare, ma anche questo si è definito nel corso del tempo.
Riguardo a questo preciso aspetto, cerchiamo di approcciarci in modi differenti alla composizione, provando ora ad avvicinarci ad una scrittura slegata dalle classiche strutture della musica rock (sovrapposizione e concatenazione di riff e passaggi chiave), favorendo un approccio più lineare e completo già nelle fasi iniziali di sviluppo di una nuova canzone.

Dal punto di vista tecnico la nostra performance è scandita da un tempo costante (MIDI Clock), indispensabile per sincronizzare le varie macchine che utilizziamo e per allineare ad esse la nostra performance live.
Riteniamo che tale espediente sia al contempo il nostro maggior punto di forza e debolezza: esso ci consente di stratificare con semplicità e precisione i loop degli strumenti acustici e di combinarli con i pattern elettronici, ma spesso introduce dei limiti compositivi intrinseci, che solo grazie ad un tenace ed ostinato esercizio riusciamo a superare.

Il vostro flusso sonoro è denso di sfaccettature, risultato di un accurato lavoro di studio che poi riesce a trovare una dimensione ideale dal vivo. Il risultato è quello di un collettivo che apporta l’elevato background dei singoli per unirlo nella direzione di una dichiarata attitudine alla ricerca sonora. Quali sono le potenzialità che i MOVION hanno esplorato sinora e in quale direzione vi state spingendo?
Quale band strumentale, nella ricerca sonora si racchiude una gran parte di tutto il progetto, sia da un punto di vista musicale, sia tecnico.
Un singolo suono può determinare la nascita di un nuovo pezzo o l’apertura verso nuovi territori musicali prima inesplorati e, in questo senso, come si può ascoltare nei brani di Blank, è chiara la direzione elettronica intrapresa nell’ultimo periodo.

Questo non significa però abbandonare quello che si è fatto in precedenza, ma aggiungere e miscelare diversi aspetti e ascolti che fanno parte del nostro background come musicisti e, ancor prima, come semplici fruitori di musica.

Qual è la musica che ascoltate, gli artisti che seguite con maggiore interesse e cosa vi ispira di più in questo momento?
In questi casi è sempre difficile dare una risposta esaustiva, ognuno di noi ha i suoi beniamini e riferimenti.
Se però ci limitiamo a quelli che ci hanno influenzato nel nostro processo musicale, è scontato dire che una band come i Mogwai rappresenti un passaggio fondamentale, specialmente per quanto riguarda le sonorità strettamente post-rock.

Allo stesso modo i GYBE e in un senso lato i Battles per quanto riguarda l’aspetto del live looping, elemento importante di ogni nostra composizione.
C’è poi tutto un altro scenario, legato al mondo IDM, dall’ambient fino alla musica techno, che seppur in modo limitato (per ora), ispira le sonorità del gruppo.

L’interazione tra immagine e suono, l’aspetto visuale della vostra musica e più in generale il lato cinestetico sembrerebbe una costante del vostro suono multiforme e minimalista che si stratifica attraverso una misurata addizione e sottrazione degli elementi, brano dopo brano. Quanto peso ha l’estensione visiva e in che modo condiziona i soundscape dei MOVION?
La comune passione per il cinema ci ha sempre accompagnati nel nostro percorso di crescita: ci è capitato non poche volte di darci appuntamento con lo scopo di provare i brani, e ritrovarci poi a passare l’intera serata davanti a un film, senza aver nemmeno estratto gli strumenti dalle custodie.

È nostra opinione che arti visive e sonore condividano un destino comune nella scena sperimentale.

Nel nostro percorso di ricerca sonora si è rivelata fondamentale la concezione di un traguardo che potesse tradurre musicalmente le immagini e gli scenari visivi che hanno ispirato il lavoro: il tema dello studio e dell’analisi della percezione è continuamente riproposto nel nostro nuovo disco attraverso i campionamenti delle voci del compositore John Cage e dei registi David Cronenberg e Stan Brakhage.

Il vostro secondo studio album, in uscita su Calista Records si intitola Blank.
Cosa dobbiamo aspettarci dal punto di vista compositivo, quali sono gli elementi di novità nei suoni e quali differenze rispetto al vostro disco d’esordio?

I nove brani di Blank prendono come punto di arrivo una forma di coesistenza e di reale equilibrio tra atmosfere sintetiche e soundscape acustici.
Non è raro ascoltare influenze elettroniche nella musica strumentale, così come non è raro ascoltare influenze acustiche nelle produzioni elettroniche. Nella maggior parte dei casi però, una delle due componenti è di gran lunga predominante, e ci indica con chiarezza da quale mondo provenga il compositore.

Il nostro intento nella composizione di questo disco è stato quello di astenerci il più possibile dall’inserire una semplice influenza di genere, e, al contrario, di donare pari importanza e attenzione ai nuovi elementi che stavamo introducendo, in maniera tale da ottenere un risultato in cui nessuno dei due elementi fosse preponderante sull’altro.
Per fare ciò è stato prima necessario smembrare ciò che stavamo suonando, al fine di lasciare consistenti spazi ove poter sviluppare in maniera libera e distesa le parti elettroniche.

Blank è proprio lo spazio bianco, vuoto, lasciato appositamente per poter essere compilato.

La stessa immagine scelta per la copertina dell’album (ottenuta dall’ingrandimento al microscopio di una polvere di carboni attivi) raffigura elementi rossi che ricordano un po’ la texture del nostro primo disco: è come se la trama precedente si fosse separata, spezzata, per lasciar spazio alla luce che si vede ora filtrare tra i suoi frammenti.

Tra le intenzioni dichiarate di Blank c’è quella di portare l’ascoltatore in una quarta dimensione, affrontando il tema della percezione della realtà e provando così a dare ulteriore profondità alla vostra astratta sensibilità sperimentale.
Siete soddisfatti del disco in uscita e del lavoro che avete portato avanti per raggiungere questo non facile equilibrio tra atmosfere sintetiche e suoni acustici?

Lasciamo ai critici e più in generale a chi ama la musica l’arduo compito di valutare la riuscita del disco. Ciò che possiamo dire è che nonostante comporre, registrare e produrre questo disco abbia richiesto da parte nostra un gran contributo in termini di energie, tempo e risorse, siamo felici di averlo realizzato e di essere riusciti a finalizzarlo senza compromessi prima della sua uscita.
Il nostro approccio è un continuo scontro tra volontà perfezioniste ed esigenze di sperimentazione e di progresso.

Alla fine ovviamente vince sempre il desiderio di superare i limiti già raggiunti: così abbiamo già in mente nuovi obiettivi per i prossimi lavori.

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