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CINEMA.
Il senso di Xavier
per la musica

Forse non lo sapevate, ma Xavier Dolan è un sensitivo.

Regista canadese – pardon, québécois (è di Montréal e fierissimo di esserlo) – classe 1989, Dolan è stato ampiamente lodato dalla critica e dal pubblico per la sua poetica cinematografica che, sin dal primo film J’ai tué ma mère (2009) fino ad arrivare al premiatissimo Mommy (2014), mostra degli elementi distintivi di una forza emotiva e narrativa strabiliante per un ragazzo di 26 anni.

Dolan fa uso di un linguaggio intenso e orgogliosamente pop, colorato sia dal punto di vista della fotografia che da quello dei dialoghi tra i personaggi, veri nuclei pulsanti di fuoco e di vita.  Mette in scena storie autobiografiche e generazionali, intime e toccanti, e racconta di rapporti che si spezzano, si sviluppano e mutano. Un linguaggio simbolico e pop che si articola soprattutto attraverso l’uso perenne di scene musicali che rivelano un orecchio pressoché sopraffino nell’abbinamento di immagini a colonna sonora. Riprendendo la teoria delle corrispondenze baudelairiana, Dolan è capace di intuire e riconoscere le immagini che si scorgono dietro una canzone:

Spesso per me la musica arriva prima del film, tante volte sento delle canzoni che mi ispirano delle scene. Penso che i film sono come una partitura in cui tutto è musica, anche i dialoghi, i silenzi e i suoni, ogni particolare ha un suo posto nel pentagramma. Spesso la musica mi fa intravedere delle scene prima che io sappia in quale film la userò.

Scene da una festa
Dolan è un maestro nel creare sequenze di ballo perfette di feste, ricevimenti o ambientate in una discoteca. Le troviamo soprattutto nei primi suoi tre film: J’ai tué ma mère, Les Amours Imaginaires (2010, quasi un vero musicarello fuori tempo) e Laurence Anyways (2012). Fil rouge tra queste scene, una scelta musicale ad evocare un immaginario anni ’80 in bilico tra new wave ed electro-pop. Troviamo, infatti, Funeral Party dei Cure, Fade to Grey dei Visage, 3ème sexe degli Indochine – per cui Dolan ha inoltre girato il bellissimo video di College Boy. Una selezione che comprende, in modo coerente, l’electro-pop degli ultimi anni (Viva la Fête, Crystal Castles e The Knife) rappresentato dalle canzoni Exactement, Tell Me What to Swallow e Pass This On.

Tempi misti
Se c’è una caratteristica tecnica di cui Dolan è follemente innamorato, beh, quella è senza dubbio il ralenti. Un ralenti esasperato e puramente estetico che enfatizza i gesti, i lineamenti, lo stile dei personaggi. Lo troviamo senza dubbio in tutto Les Amours Imaginaires, con scene come questa con Les Temps est Bon, questa con Dalida o ancora qui con gli House of Pain. Ma Dolan gioca con i tempi, quasi in un misto di ralenti e velocità nomale, anche in Laurence Anyways per due scene quasi speculari con Fever Ray e Moisture di Headman come colonna sonora. Eccezionalmente Dolan usa un fast forward, quasi in odore kubrickiano, per la scena appassionante e distruttiva che ha come commento sonoro i Viva la Fête.

La bellezza nelle foglie
Un altro elemento ricorrente nell’immaginario di Xavier Dolan sono le foglie – generalmente morte, quasi a segnare il cambiamento di una stagione come il cambiamento di una relazione tra i personaggi. Le foglie, presenti pure nel videoclip campione di visualizzazioni Hello e girato dallo stesso Dolan, sono elementi vivi che danno movimento all’intera scena. Basta prendere il post-rock da cuore in mano perfetto per il rapporto tormentato tra madre-figlio di J’ai tué ma mère; o ancora le foglie che rallentano la fuga di Marie in Les Amours Imaginaires con il battito riverberato di Fever Ray in sottofondo; o ancora la pioggia di foglie col commento sonoro elettronico di Eduardo Noya (compositore anche per Mommy) in Laurence Anyways. Una pioggia di foglie che corrisponde idealmente alla pioggia di vestiti con A New Error di Moderat:

Classico con stile
Musica elettronica, dicevamo, ma anche scelte molto classiche. Si parte dal violoncello cromatico della Suite per Violoncello numero 1 di Bach al Preludio dell’atto primo del Parsifal di Wagner (usata quando Frankie dichiara il suo amore a Nicolas), e ancora il classico contemporaneo di un pezzo per piano e di Ludovico Einaudi nella splendida sequenza onirica contenuta in Mommy (2014), i vecchi fausti della music pop franco-canadese anni ’60 – abbiamo già citato Le Temps est Bon di Isabelle Pierre e Bang Bang riveduta da Dalida – come Jeanne Moreau e un classico di Michel Legrand in Tom à la ferme (2013). Non mancano perle di pop-jazz come la bellissima Let’s Go Out Tonight di Craig Armstrong e Going to a Town di Rufus Wainwright.

Il pop, semplicemente
Un capitolo a parte merita senza dubbio Mommy, film da leggendaria standing ovation e premio della giuria al Festival di Cannes nel 2014. A differenza delle scelte musicali sopra indicate, Mommy si presenta come una compilation di musica pop da radio. Dolan giustifica questa selezione indicando il contesto sociale dal quale provengono i personaggi: we went for that very normcore, fashionless era in history, the early 2000s. Troviamo qui un pot-pourri super-mainstream: White Flag di Dido, Colorblind dei Counting Crows, Blue degli Eiffel 65, il karaoke di On Ne Change Pas di Céline Dion (che passa dall’essere intra-diegetica, ovvero dentro il racconto, a extra-diegetica quasi magicamente), fino ad arrivare al classicone Wonderwall degli Oasis, vero punto di svolta del film, e alla più contemporanea Born to Die di Lana Del Rey, chiusura dolorosa, didascalica – a dir poco perfetta.

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