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PAROLE AL VENTO.
Storie di successo

C’è solo l’imbarazzo della scelta in rete. Per questo non aggiungerò link. Cercatele da voi, se davvero ne avete voglia.
Sono ovunque. Sono le storie di successo. Dove per successo si intende la fortuna d’impresa. Sono storie di Start-up, in genere, in questi ultimi tempi. A volte, per brevità persino solo di app.
App che semplificano, imprese che crescono fino a rendere milionari i loro padroni.
Sembra che siano molto popolari, dalla facilità con cui se ne trovano esempi in rete.

Ma qual è il loro senso?
Un’idea che può rendere ricchi, a ben vedere, è una strada che si chiude dopo che è stata percorsa dal primo. Allora gli appassionati del genere forse ricercano un metodo applicabile.
Spesso queste storie di successo iniziano con: «Quando ho iniziato non pensavo che…» La componente aleatoria sembra un ingrediente fondamentale. Il famigerato fattore C. Ma certo.
Oppure si parte con determinazione per semplificare la vita di qualcuno mediante un’app. In genere i consumatori, che sono tanti, con esigenze sempre legate al risparmio – perché più si allarga la platea, più sono poveri – e di velocità.

Così l’economia si ristruttura, si aboliscono le intermediazioni, e i consumatori hanno quello che vogliono a meno. Più velocemente. Con un servizio che funziona perfettamente uguale a se stesso in tutto il mondo.
Si spazzano via posti di lavoro del vecchio mondo, sicuri, e si rimpiazzano con meno lavori, più informali. Bene. Questa è l’ossatura delle storie di successo.

Gli imprenditori protagonisti di storie di successo sono di due tipi: giovani e in rampa di lancio o vecchi e affermati.
I vecchi agivano in uno scenario economico che ora non è più ripetibile. I giovani – che in quasi tutti i paesi OCSE sono più poveri dei loro genitori – agiscono in un mercato che premiando pochissimi aumenta le differenze sociali, detto un po’ grossolanamente. Probabilmente il racconto delle storie di successo non fa che aumentare la percezione di queste reali e crescenti diseguaglianze. Magari l’intento è di raccontare un sistema economico giusto, dove se sei bravo ce la fai.

Ma se ce la fanno in pochi, anche se sono i migliori, difficilmente quelli che restano indietro accetteranno le regole in base alle quali sono condannati ad una vita di stenti. Il tasso di narratività delle storie di successo, tra l’altro è basso: non c’è alcuna tensione drammaturgica in uno che se ne sta su un gruzzolo di soldi a raccontare come li ha fatti. Se qualcuno ce la fa non si si tratta di innovazione tecnologica o di conoscenze, o di metodo o di tenacia. È una serie di fattori, per lo più incontrollabili, che costruiscono il successo di una persona: i posti di lavoro informali aumentano, qualcuno di questi diventa un lavoro molto redditizio. Ma la stragrande maggioranza diventa una croce da portare e mediante cui sopravvivere.

Sta accadendo ovunque. Si chiama conflitto Uber-Tassisti, AirB&B contro alberghi, librai contro Amazon, ecc. Vogliamo parlare di questo?

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