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La nascita del design moderno. La sintesi di Moholy Nagy: arte e sensorio – Parte 2

Moholy Nagy

Nei primi anni del ‘900 la nuova concezione di fotografia e cinema, messa in atto da Dada e Surrealismo e teorizzata da Walter Benjamin, trova la sua sintesi in Laszlo Moholy Nagy, artista ed esponente del Bauhaus (vedi la Parte 1, La nascita del design moderno: Dal cucchiaio alla città) dove dal 1923 viene nominato docente di fotografia fino alla chiusura della scuola.

L’arte come estensione moderna: la visione di

Nella figura di Moholy Nagy il fatto di considerare fotografia e film (cinema) come estensione del sensorio umano non è un punto di arrivo, ma una base di partenza per il resto. Egli, infatti, anticipò di quasi dieci anni le intuizioni benjaminiane. Fu fra i primi a capire che nel processo storico di trapasso dal lavoro artigianale a quello industriale è certamente implicata anche l’arte sia nella sua funzione che nei suoi valori. Questa trasformazione richiede che l’artista sia capace di instaurare un’intesa, un rapporto organico con la struttura produttiva. Ciò implica la conoscenza delle tecniche moderne e la consapevolezza che la produzione artistica richiede un apporto ideativo-progettuale. Infatti, il compimento estetico è subordinato alla messa in esercizio di tecniche moderne, di cui l’artista-progettatore deve saper disporre.

László Moholy-Nagy, Konstruktion Z VII, 1926.
National Gallery Washington © VG Bild-Kunst Bonn

László Moholy Nagy scrive infatti in Pittura fotografia film, ottavo dei libri editi dal Bauhaus:

La presa di coscienza di questa possibilità avrebbe infatti indotto a rendere visibili, per mezzo dell’apparecchio fotografico, fenomeni che sfuggono alla percezione o alla ricezione del nostro strumento ottico, l’occhio; cioè l’apparecchio fotografico è in grado di perfezionare, e in particolare di integrare il nostro strumento ottico, l’occhio. Questo principio era già stato messo in atto in alcuni esperimenti scientifici […] ma questi esperimenti rimangono fatti isolati, senza che ne vengano constatate le connessioni. […] Cento anni di fotografia e due decenni di film ci hanno incredibilmente arricchito sotto questo profilo. Si può dire che noi vediamo il mondo con tutt’altri occhi. Nonostante ciò, finora il risultato complessivo non va molto più in là di una produzione visiva enciclopedica. Questo non ci basta. Noi vogliamo produrre secondo un piano, in quanto per la vita è importante la creazione di nuove relazioni [Cfr. Moholy-Nagy 1967[1], trad. it 1987, pagg. 26-27].

La dialettica tra produzione e riproduzione secondo Moholy-Nagy

Alla base della concezione di László Moholy Nagy sta l’assunto di una ricerca di nuovi legami fra i fenomeni ottici, acustici ed altri fenomeni funzionali noti o sconosciuti. Lo scopo di questa ricerca è promuoverne l’acquisizione da parte degli «apparati funzionali» in via di costante miglioramento. Quindi, l’obiettivo finale è passare dalla semplice riproduzione alla produzione di nuovi fenomeni funzionali.

Riecheggiano in questi passi i testi citati di Benjamin e di Breton sul ruolo dell’artista e sui cambiamenti di funzione che egli deve mettere in atto per permettere all’uomo e alla società di migliorarsi e di andare avanti. Secondo Moholy Nagy la questione è sintetizzabile nella dialettica tra produzione e riproduzione. Questa deve risolversi in modo che la produzione possa rifornire e trasformare necessariamente un apparato di produzione. Difatti, l’evoluzione della fotografia ha già portato al cinema e ai nuovi metodi applicativi della tecnica cinematografica utilizzati dall’artista ungherese. Questi metodi sono stati sviluppati prima nel Bahuaus e poi in successive esperienze.

L’evoluzione della capacità sensoriale umana

Tali innovazioni diventano sempre più possibili e necessarie poiché il sensorio dell’uomo è stato profondamente influenzato dal rapido sviluppo delle tecnologie negli ultimi anni.

«La realizzazione di simili progetti determina nuove esigenze relative alla potenzialità del nostro organo di percezione ottica, l’occhio, e al nostro centro di ricezione, il cervello. Con l’eccezionale sviluppo della tecnica e delle metropoli i nostri organi di ricezione hanno ampliato la loro idoneità a una funzione acustica e ottica simultanea. Esempi di questo genere si riscontrano anche nella vita di tutti i giorni: dei berlinesi attraversano la Potsdamer Platz. Mentre conversano, essi odono contemporaneamente: lo strombazzare delle automobili, lo scampanellare dei tram, i segnali degli omnibus, gli incitamenti dei cocchieri, il sibilo della metropolitana, le grida del venditore di giornali, il suono di un altoparlante ecc. e sanno mantenere distinte queste diverse impressioni acustiche. Invece, poco tempo fa, sulla stessa piazza, un provinciale si lasciò sconcertare talmente dalla quantità di impressioni da rimanere come inchiodato davanti ad un tram che sopraggiungeva. Ovviamente è possibile ricostruire un caso analogo con le esperienze ottiche» [Cfr. ivi, pag. 41].


[1] L’edizione preparata per gli allievi del Bauhaus risale al 1925

Luigi Cristaldi | Bake Agency

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