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Kendrick Lamar non vuole più la corona

Kendrick Lamar con l’uscita di Mr.Morale & The Big Steppers sancisce il ritorno in scena, a distanza di 5 anni da DAMN, il primo album di un genere diverso dal jazz e dalla musica classica a vincere il Premio Pulitzer. La copertina del suo nuovo album raffigura Kendrick in primo piano mentre indossa una corona di spine e tiene in braccio sua figlia, con la moglie Whitney Alford sullo sfondo, che accudisce l’altro figlio. 

In un mondo segnato dalla pandemia e dalle proteste per la difesa dei diritti civili guidate da Black Lives Matters, Kendrick si è fatto notare per la sua assenza e il suo silenzio mediatico, anche se era stato visto presenziare alle proteste per strada e ammette in questo stream of consciousness, di non aver più avuto l’ispirazione per scrivere qualcosa.

Un coro apre il primo singolo dell’album “United In Grief” recitando “I hope you find some peace of mind in your lifetime”, spero che tu possa trovare un po’ di pace dei sensi in questa vita, mostrando come il tema principale di questo album sia la salute mentale.

“I’ve been going through something” è infatti il suo primo verso di un brano e di un disco dove ci racconta di aver cominciato ad andare in terapia, riflettendo sia su temi più intimi e personali come l’amore e l’infedeltà nella sua relazione, il rapporto con i figli, i traumi generazionali familiari, il racconto della storia della transizione di genere di due suoi parenti e una critica verso il trattamento che la società riserva alla comunità transgender in “Auntie Daries”, che su temi maggiormente riguardanti l’opinione pubblica come la cancel culture e la mascolinità tossica.

La menzione verso l’onnipresente cancel culture (ormai non si può fare nemmeno un programma di cucina senza dire la propria opinione sulla cancel culture) e l’utilizzo di slur omofobici, inseriti nell’album a fine di provocare l’opinione pubblica, hanno suscitato perplessità e disappunto nella critica musicale, così come i featuring di Kodak Black nell’album, rapper condannato per aver commesso violenza aggravata su una donna nel 2016, quasi a voler far intendere che di polemiche social non gli interessino più di tanto:

What the fuck is cancel culture dawg? Say what I want about you n****s, I’m like Oprah, dawg

Ragazzi, se non state succhiando il cazzo di qualche n**** nel parcheggio, alzate il vostro cellulare. Dobbiamo restare veri, siamo reali, non come quei figli di p******” – 

Questa frase fa capire quanto sia futile e di facciata il dibattito sulla cancel culture.

Difatti l’artista si è solo visto cancellare la sua presenza a qualche festival nei mesi successivi solo per permettere di far passare l’onda delle polemiche, per poi tornare a riprendere la sua ascesa dal punto in cui si era interrotta, senza nessuna conseguenza. 

Fin dal suo ritorno nel singolo “Family Ties” pubblicato con il cugino Baby Keem, il rapper di Compton ha inoltre espresso a più riprese le sue perplessità sull’attivismo performativo da social media e l’uso eccessivo dei telefoni:

I been ducking the pandemic, I been ducking the social gimmicks
I been ducking the overnight activists, yeah
I’m not a trending topic, I’m a prophet
I answer to Metatron and Gabriel

Come ha raccontato al concerto del Milano Summer Festival del 23 giugno, la prima data del suo tour europeo, la sua canzone preferita del nuovo album è “Savior”, dove spiega che le celebrità nere, facendo gli esempi di sé stesso, J Cole, Future e Lebron James, non dovrebbero essere viste come dei salvatori, come le sole guide dalla comunità e come principali responsabili della lotta all’oppressione, perché idolatrare e mitizzare il singolo non può essere la soluzione. 

Heavy is the head that chose to wear the crown
To whom is given much is required now

Alludendo al più celebre verso della seconda parte di “Enrico IV” di Shakespeare, Kendrick spiega come essere una delle figure più importanti della storia dell’hip-hop sia un fardello pesante per sé stesso che vive e mette a nudo il suo conflitto interiore dell’essere il leader della sua comunità e l’impossibilità di soddisfare chiunque, quando il rapper inglese Stormzy usò quello stesso verso come titolo del suo album tre anni fa, sembrava manifestare l’orgoglio e la volontà di assumere il ruolo di portavoce, Kendrick sembra invece voler disperatamente rimuovere quella corona. 

“I can’t please everybody”, ripete più e più volte in “Crown”, “non posso soddisfare chiunque”, nella realizzazione di quali siano le priorità della sua vita in questo momento, il suo benessere personale e della sua famiglia, e in ciò che potrebbe pure rappresentare il suo ultimo capitolo discografico. 

“I choose me, I’m sorry”, ripete in “Mirror”, l’ultima canzone dell’album, liberandosi una volta per tutte dalle aspettative di sé stesso e della gente attorno a lui che lo vedevano come un salvatore, nascondendo ai suoi stessi occhi i suoi comportamenti tossici, spiegando che non è in grado di salvare il mondo se non può salvare sé stesso.

Sorry I didn’t save the world my friend, I was too busy building mine again.

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